Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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Volodyk - Paolini1-Eragon.doc краткое содержание
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«Questo non te lo dico» tagliò corto Brom. Eragon protestò, ma il vecchio non cedette. «Non voglio tenerti nell'ignoranza, ma ci sono informazioni che sono pericolose, e al momento servirebbero solo a distrarti. Non c'è ragione per cui io debba turbarti con certe cose finché non avrai il modo e la capacità di affrontarle. Il mio unico obiettivo è proteggerti da coloro che vorrebbero usarti per scopi malvagi.»
Eragon lo guardò, furente. «Sai una cosa? Credo che tu goda a parlare per enigmi. Ho una mezza idea di lasciarti qui, perché non li sopporto più, i tuoi giochetti. Se vuoi dirmi qualcosa, allora dimmela, invece di girarci intorno!»
«Calma. Tutto ti sarà svelato a tempo debito» disse
Brom in tono gentile. Eragon mise il broncio, per nulla convinto, .
Trovarono un posto adatto a trascorrere la notte e si accamparono. Saphira arrivò quando la cena era sul fuoco. Hai avuto tempo per procurarti del cibo? le domandò Eragon.
La dragonessa sbuffò divertita. Se voi due foste stati appena più lenti, avrei avuto il tempo di volare oltreoceano e di tornare.
Non c'è bisogno di offenderci. Sappi che andremo molto più spediti quando avremo i cavalli. La dragonessa esalò una nuvoletta di fumo. Può darsi, ma basterà per raggiungere i Ra'zac? Hanno un vantaggio di parecchi giorni e molte leghe, E temo che sospettino di essere seguiti. Per quale altro motivo avrebbero distrutto la fattoria in maniera così brutale, se non per indurii a dar loro la caccia?
Non lo so, rispose Eragon, turbato. Saphira si accucciò accanto a lui, e il ragazzo si abbandonò con piacere al suo ventre caldo. Brom si sedette dall'altro lato del falò a tagliuzzare due lunghi rametti. All'improvviso ne lanciò uno a Eragon, che lo afferrò con grande prontezza di riflessi quando quello volò sopra le fiamme crepitanti.
«In guardia!» esclamò Brom, alzandosi.
Eragon guardò il bastone che reggeva in mano e notò che era stato sagomato in modo da somigliare vagamente a una spada. Brom voleva combattere con lui? Che speranze aveva, quel vecchio? Se vuole che stia al suo gioco, d'accordo, ma se crede di potermi battere, avrà una grossa sorpresa. Si alzò mentre Brom aggirava il falò. Si studiarono per un momento, poi Brom si avventò contro di lui, roteando il bastone. Eragon tentò di bloccare l'assalto, ma fu troppo lento. Guai quando Brom lo colpì alle costole, e barcollò all'indietro.
Senza riflettere, si scagliò in avanti, ma Brom parò facilmente il colpo. Allora mirò alla testa del vecchio, ma all'ultimo momento deviò la traiettoria del bastone, con l'intenzione di colpirlo al fianco. Il sonoro schianto di legno contro legno riecheggiò nel campo. «Improvvisazione... bravo!» esclamò Brom con occhi scintillanti. Il suo braccio si mosse fulmineo, ed Eragon avvertì un'esplosione di dolore alla testa. Crollò come un sacco vuoto, stordito.
Un getto d'acqua fredda lo fece rinvenire; si alzò a sedere sputacchiando. Gli ronzava la testa; sentì una fitta al viso, e toccandosi scoprì un grumo di sangue rappreso. Brom torreggiava su di lui con una pentola di neve scipita. «Non dovevi farlo» disse Eragon infuriato, alzandosi. Gli girava la testa e si sentiva instabile.
Brom inarcò un sopracciglio. «Dici? Un vero nemico non ti tratterebbe con i guanti, e nemmeno io. Dovrei forse assecondare la tua... incompetenza per farti sentire meglio? Non credo proprio.» Raccolse il bastone che Eragon aveva lasciato cadere e glielo porse. «Di nuovo, in guardia!» Eragon fissò con aria stolida il pezzo di legno, poi scosse il capo. «Lascia perdere, ne ho avuto abbastanza.» Si volse per allontanarsi quando sulla sua schiena si abbattè un colpo violento. Si girò di scatto, ringhiando.
«Non voltare mai le spalle al nemico!» disse Brom. Gli lanciò il bastone e ripartì all'attacco. Eragon indietreggiò danzando intorno al fuoco, sotto l'impeto dell'assalto. «Non agitare le braccia. Piega le ginocchia» gridava Brom. Continuò a dargli istruzioni; poi si fermò per mostrare al ragazzo come effettuare una mossa particolare. «Rifalla, ma questa volta più adagiol» Ripassarono la figura, esagerando i movimenti, poi ripresero il furioso duello. Eragon imparava in fretta, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a parare più di un paio di colpi di Brom alla volta.
Quando ebbero finito, Eragon si accasciò sulle coperte con un gemito. Gli faceva male dappertutto: Brom non c'era certo andato leggero, con quel bastone. Saphira emise un lungo grugnito ratico e arricciò le labbra tanto da mostrare la sua formidabile dentatura.
Che cosa ti prende? domandò Eragon irritato.
Niente, rispose lei. Solo che è buffo vedere un giovane come te battuto da un vecchio. Ripetè lo stesso suono, ed Eragon avvampò quando si rese conto che quella era una risata. Nel tentativo di difendere l'orgoglio ferito, si voltò su un fianco, e di lì a poco si addormentò.
Il giorno dopo si sentiva anche peggio. Aveva le braccia coperte di lividi, ed era troppo indolenzito per muoversi. Brom alzò lo sguardo dalla pappa d'avena che stava preparando per colazione e sogghignò. «Come ti senti?» Eragon rispose con un grugnito e divorò la sua razione. Si misero di nuovo in marcia, camminando svelti per arrivare a Therinsford prima di mezzogiorno. Dopo una lega, la strada si allargò e videro del fumo in lontananza. «Faresti meglio a dire a Saphira di volare avanti e di aspettarci dall'altra parte di Therinsford» disse Brom. «Deve essere molto cauta, altrimenti qualcuno la noterà.»
«Perché non glielo dici tu?» lo sfidò Eragon.
«È considerato disdicevole comunicare con il drago di qualcun altro.»
«Non mi pare che ti sia fatto scrupoli a Carvahall.»
Brom abbozzò un sorriso. «Ho fatto quello che dovevo.»
Eragon lo guardò torvo, poi riferì a Saphira le istruzioni. Sta'attenta, disse lei, i servi dell'Impero possono nascondersi ovuncque. . .
Via via che i solchi nella strada si facevano più profondi, Eragon notò nuove orme. Le fattorie più vicine dicevano che anche Therinsford non era lontano. Eccolo, infatti. Il villaggio era più grande di Carvahall, ma era stato costruito in modo improvvisato, le case allineate senza ordine preciso. «Che confusione» disse Eragon. Non riusciva a vedere il mulino di .Dempton. Baldor e Albriech avranno già mandato i loro messaggi a Roran. Comunque, Eragon non aveva alcuna voglia di affrontare il cugino.
«Se non altro, è bruttissimo» commentò.
L'Anora scorreva fra loro è il villaggio, attraversato da un solido ponte. Mentre si avvicinavano, da dietro un cespuglio sbucò un grassone, che sbarrò loro la strada. . Aveva la camicia troppo corta e una cintura di spago da cui strabordava un ventre sporco e flaccido. Dietro le labbra ' screpolateci denti radi sembravano lapidi diroccate. «Non potete passare. Questo ponte è mio. Fuori i soldi.» «Quanto?» domandò Brom in tono rassegnato. Estrasse un borsellino, e il gabelliere s'illuminò. «Cinque corone» disse con un ghigno. Eragon s'infuriò per quel prezzo esorbitante e fece per protestare, ma Brom lo zittì con un'occhiata eloquente. H pagamento fu compiuto in silenzio. L'uomo s'infilò le monete in una bisaccia che portava alla cintura. «Grazie tante» disse in tono beffardo, e si fece da parte.
Brom s'incamminò, ma dopo appena un passo inciampò e si appoggiò pesantemente al braccio del grassone. «Occhio a dove metti i piedi» ringhiò l'uomo, liberandosi con uno strattone. «Mi dispiace» disse Brom, e proseguì sul ponte con Eragon.
«Perché non hai tirato sul prezzo? Ti sei fatto spennare!» esclamò Eragon quando furono lontani. «Probabilmente non è nemmeno suo, quel ponte. Potevamo passare lo stesso.»
«Probabilmente» assentì Brom.
«E allora perché l'hai pagato?»
«Perché non si può attaccar briga con tutti i pazzi del mondo. È più facile assecondarli, per poi ingannarli quando si sentono sicuri.» Brom aprì la mano, e un mucchietto di monete scintillò alla luce del sole.
«Gli hai tagliato la borsa!» esclamò Eragon incredulo.
Brom s'infilò il denaro in tasca e strizzò l'occhio al ragazzo. «E conteneva un bel gruzzolo. Avrebbe dovuto evitare di tenere tutto questo denaro in un posto solo.» All'improvviso udirono un ululato di angoscia dall'altro lato del fiume. «Direi che il nostro amico ha scoperto la sua perdita. Se vedi qualche sentinella, avvertimi.» Afferrò per la spalla un ragazzino di passaggio e gli chiese: «Sai dove possiamo comprare dei cavalli?» Il bambino li guardò con aria solenne, poi indicò una grande costruzione ai margini di Therinsford. «Grazie» disse Brom, lanciandogli una piccola moneta. Le doppie porte della stalla erano aperte e rivelavano due lunghe file di alloggi per i cavalli. La parete in fondo era coperta di selle, finimenti e altri utensili. Un uomo dalle braccia muscolose stava strigliando uno stallone bianco. Alzò una mano e fece loro cenno di entrare.
«Che bell'animale» disse Brom.
«Già. Si chiama Fiammabianca. Io invece Haberth.» Haberth tese una mano ruvida e scambiò una vigorosa stretta con Brom ed Eragon. Attese compito che i due rivelassero i propri nomi, ma quando non ebbe risposta, domandò: «Posso esservi utile?»
Brom annuì. «Ci servono due cavalli e un equipaggiamento completo per entrambi. I cavalli devono essere veloci e resistenti; dobbiamo viaggiare parecchio.»
Haberth riflette un istante. «Non possiedo molti animali del genere, e quelli che ho costano parecchio.» Lo stallone si agitò irrequieto; l'uomo lo tranquillizzò con qualche carezza. «Il prezzo non è importante. Voglio i migliori» disse Brom. Haberth annuì e in silenzio legò lo stallone a un palo. Andò alla parete in fondo e staccò due selle e altri attrezzi che accumulò in due pile identiche. Poi si avvicinò alle nicchie che ospitavano i cavalli e ne fece uscire due. Uno era un baio chiaro, l'altro un roano. Il baio si ribellò alla cavezza.
«È alquanto vivace, ma se hai mano ferma non dovresti avere problemi» disse Haberth, porgendo la corda del baio a Brom.
Brom lasciò che il cavallo gli annusasse la mano; l'animale si lasciò accarezzare il collo. «Lo prendiamo» disse, poi adocchiò il roano. «Questo invece... non saprei.»
«Ha buone zampe, ti assicuro.»
«Mmm... Quanto chiedi per Fiammabianca?»
Haberth guardò lo stallone con orgoglio. «Preferirei non venderlo. È il miglior cavallo che abbia mai allevato... volevo farlo riprodurre per ricavarne una razza pura.»
«Ma se decidessi di venderlo, quanto costerebbe?» insistette Brom.
Eragon provò a posare una mano sul baio come aveva fatto Brom, ma il cavallo si ritrasse. Provò allora a raggiungerlo con la mente per rassicurarlo, e si sorprese di riuscire a sfiorare la coscienza del cavallo. Il contatto non era chiaro e preciso come con Saphira, ma poteva comunicare con il baio, entro un certo limite. Gli fece capire che era un amico. Il cavallo si calmò e lo guardò con i suoi liquidi occhi scuri.
Haberth usò le dita per contare il prezzo della compravendita. «Duecento corone, non di meno» disse con un sorriso, sicuro che nessuno avrebbe sborsato una simile somma. Brom aprì il borsellino senza dire una parola e contò il denaro.
«È giusto?» disse.
Ci fu un lungo istante di silenzio, mentre Haberth spostava lo sguardo dallo stallone alle monete. Infine sospirò: «È tuo, ma te lo cedo a malincuore.»
«Lo tratterò come fosse sangue del sangue di Gildihtor, il più grande stallone delle leggende» disse Brom.
«Le tue parole mi confortano» disse Haberth, chinando il capo. Li aiutò a sellare i cavalli. Quando furono pronti a partire, disse: «Addio, E per amor di Fiammabianca, vi auguro che nessuna sventura vi colpisca.»
«Non temere; baderò a lui come avresti fatto tu» promise Brom prima di allontanarsi. «Tieni» disse, porgendo le redini di Fiammabianca a Eragon. «vai dall'altra parte di Therinsford e aspetta lì.» «Perché?» fece Eragon; ma Brom si era già dileguato. Seccato, uscì da Therinsford con i due cavalli e si fermò vicino alla strada, in attesa. A sud c'era la sagoma nebbiosa dell'Utgard, che si ergeva come un gigantesco monolito alla fine della valle. La sua vetta bucava le nubi e scompariva, torreggiando sulle montagne più piccole che lo circondavano. Il suo aspetto cupo e minaccioso gli fece venire la pelle d'oca.
Brom tornò presto e fece cenno a Eragon di seguirlo. Camminarono finché Therinsford non fu nascosta dagli alberi. Allora Brom disse: «I Ra'zac sono passati da questa parte. A quanto pare si sono fermati a prendere dei cavalli, come abbiamo fatto noi. Sono riuscito a trovare un uomo che li ha visti. Li ha descritti tremando e ha detto che sono partiti da Therinsford al galoppo come demoni inseguiti da un santo.»
«Hanno fatto una certa impressione.»
«Direi.»
Eragon accarezzò il collo dei cavalli. «Quando eravamo nella stalla, ho toccato la mente del baio per caso. Non sapevo che fosse possibile.»
Brom aggrottò la fronte. «È insolito che uno della tua età possieda questa capacità. La maggior parte dei Cavalieri devono esercitarsi per anni prima di comunicare con qualcosa che non sia il loro drago.» Osservò Fiammabianca con aria pensosa. Poi disse: «Togli le tue cose dallo zaino e mettile nelle bisacce, poi lega lo zaino dietro la sella.» Eragon obbedì, mentre Brom saliva in groppa a Fiammabianca.
Eragon scrutò dubbioso il baio. Era tanto più piccolo di Saphira che per un momento assurdo temette che non avrebbe retto il suo peso. Con un sospiro, montò in sella. Fino a quel momento aveva cavalcato soltanto a pelo, e mai per lunghe distanze. «Alle gambe mi capiterà lo stesso di quando ho cavalcato Saphira?» domandò.
«Come vanno adesso?»
«Non male, ma ho paura che se cavalchiamo troppo le ferite si riapriranno.»
«Andremo piano» disse Brom. Diede a Eragon qualche suggerimento, poi si avviarono a un'andatura tranquilla. Ben presto il panorama cominciò a cambiare: i campi coltivati lasciarono il posto a vaste distese selvagge. Cespugli ed erbacce costeggiavano la strada, insieme a enormi rovi in cui s'impigliavano i mantelli. Dal terreno affioravano alti macigni, grigi testimoni del loro passaggio. C'era un'atmosfera ostile nell'aria, un'animosità, una sorta di impalpabile resistenza agli intrusi.
Sopra di loro, sempre più gigantesco, si stagliava l'Utgard, le pendici scoscese solcate da canyon innevati. La roccia nera della montagna assorbiva la luce come una spugna e oscurava tutta la zona attorno. Fra l'Utgard e lalinea delle montagne che formavano la parte orientale della Valle Palancar c'era un profondo crepaccio, l'unica via per uscire dalla valle. La strada portava da quella parte. . Gli zoccoli dei cavalli facevano crepitare il terreno ghiaioso. La strada si ridusse a uno stretto sentiero che aggirava la base dell'Utgard, Eragon alzò lo sguardo verso la cima e notò con sorpresa che vi si ergeva una torre con alte guglie. «Cos'è?» domandò, indicandola.
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