Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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Volodyk - Paolini1-Eragon.doc краткое содержание
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«Morzan!» lo interuppe Eragon. «Ma fu lui a tradire i Cavalieri!» Ed era successo tantissimo tempo prima! Morzan doveva essere decrepito. Ricordare quanto vivevano i Cavalieri lo turbò. «E allora?» disse Brom, inarcando un sopracciglio. «Sì, era vecchio, ma ancora forte e crudele. Fu uno dei primi seguaci del re e di gran lunga il più fedele. E poiché tra noi scorreva già cattivo sangue, la ricerca dell'uovo si trasformò in uno scontro personale. Quando venne individuato a Gil'ead, ini precipitai in città e combattei contro Morzan per impossessarmene. Fu un duello senza esclusione di colpi, ma alla fine lo uccisi. Durante lo scontro, mi separai da Jeod. Non c'era tempo per cercarlo, così presi l'uovo e lo portai dai Varden, che mi chiesero di addestrare chiunque fosse diventato il nuovo Cavaliere. Acconsentii e decisi di nascondermi a Carvahall, dov'ero stato altre volte prima, finché i Varden non si fossero messi in contatto con me. Cosa che non è successa.» «Come ha fatto l'uovo di Saphira a comparire sulla Grande Dorsale? Al re fu rubato un altro uovo?» domandò Eragon.
Brom borbottò. «Poco probabile. Il re pose le altre due uova sotto una sorveglianza così stretta che sarebbe stato un suicidio tentare di rubarle. No, Saphira è stata presa ai Varden, e credo di sapere come. Per proteggere l'uovo, il suo guardiano deve aver cercato di mandarmelo con la magia. «I Varden non mi hanno cercato per spiegarmi come avevano perso l'uovo: quindi sospetto che i loro messaggeri siano stati intercettati dall'Impero e che i Ra'zac abbiano preso il loro posto. Immagino che non vedessero l'ora di acciuffarmi, dato che ho mandato a monte i loro piani.» «Perciò i Ra'zac non sapevano di me quando sono arrivati a Carvahall» disse Eragon perplesso. «Giusto» replicò Brom. «è se quell'imbecille di Sloan avesse tenuto il becco chiuso, non avrebbero mai saputo di te e gli eventi avrebbero preso un'altra piega. In un certo senso, ti devo la vita. Se i Ra'zac non avessero cominciato a cercarti, avrebbero tentato di cogliermi alla sprovvista, e quella sarebbe stata la fine di Brom il cantastorie. L'unica ragione per cui sono scappati è che io da solo sono più forte di due di loro, specie di giorno. Dovevano aver progettato di drogarmi durante la notte, per poi interrogarmi a proposito dell'uovo.»
«Hai mandato un messaggio ai Varden che parla di me?»
«Sì. E sono sicuro che vogliono che ti porti da loro il più presto possibile.»
«Ma tu non lo. farai, vero?»
Brom scosse il capo. «No, non lo farò.»
«Perché no? Rifugiarsi dai Varden dovrebbe essere più sicuro che dare la caccia ai Ra'zac, specie per un novellino come me.»
Brom sospirò e guardò Eragon con affetto. «I Varden sono un popolo pericoloso. Se andiamo da loro, resteremo invischiati nella loro politica e nelle loro macchinazioni. I loro capi ti manderebbero in missione solo per puntiglio, anche se tu non fossi abbastanza forte. Voglio che tu sia ben preparato prima di avvicinarti ai Varden. Almeno, mentre inseguiamo i Ra'zac, non devo preoccuparmi che qualcuno ti avveleni l'acqua. È il minore tra i due mali. E poi» aggiunse con un sorriso «l'addestramento ti fa bene. Il tuatha du orothrim è solo un livello di istruzione. Ti aiuterò a trovare i Ra'zac, e forse anche a ucciderli, perché sono miei nemici quanto tuoi. Ma poi dovrai fare una scelta.»
«Ossia?» disse Eragon, guardingo.
«Se unirti ai Varden o meno» disse Brom. «Se uccidi i Ra'zac, gli unici modi per sfuggire all'ira di Galbatorix sono cercare la protezione dei Varden, rifugiarti nel Surda, o implorare la pietà del re e unirti alle sue forze.
Anche se non uccidi i Ra'zac, alla fine dovrai lo stesso fare una scelta.»
Eragon sapeva che il miglior modo per salvaguardare la propria vita era unirsi ai Varden, ma non voleva trascorrere tutta l'esistenza a combattere l'Impero come loro. Meditò sui commenti di Brom, cercando di considerarli in ogni possibile aspetto. «Ancora non mi hai spiegato come mai sai tante cose sui draghi.»
«Non l'ho fatto, vero?» disse Brom con un sorriso ironico. «Per questo dovrai aspettare un altro momento.»
Perché io? si chiese Eragon. Che cosa lo rendeva così speciale da predestinarlo come Cavaliere? «Hai mai conosciuto mia madre?» domandò all'improvviso.
Lo sguardo di Brom si fece grave. «Sì.»
«E com'era?»
Il vecchio sospirò. «Era una donna ricca. di orgoglio e dignità, come Garrow. Purtroppo furono proprio queste virtù la causa della sua rovina, e tuttavia i suoi maggiori pregi... Accorreva sempre in aiuto dei poveri e dei meno fortunati, senza badare alle proprie condizioni.»
«La conoscevi bene?» chiese Eragon, sorpreso. «Abbastanza bene da sentirne la mancanza quando scomparve.»
Cullato dal trotto di Cadoc, Eragon ricordò quando pensava che Brom fosse soltanto un vecchio scorbutico, bravo à raccontare storie. Per la prima volta si rese conto di quanto era stato ignorante. Riferì a Saphira quello che aveva appreso. La dragonessa rimase affascinata dalle rivelazioni di Brom, e disgustata al pensiero di essere stata una proprietà di Galbatorix. Alla fine disse: Non sei contento di non essere rimasto a Carvahall? Pensa a quante avventure interessanti ti saresti perso! Eragon finse un borbottio di esasperazione.
Quando si fermarono per la sera, Eragon andò in cerca di acqua mentre Brom preparava la cena. Si inoltrò fra gli alberi in cerca di un ruscello o una sorgente. L'aria era umida e fredda, e si strofinò le mani per riscaldarsi.
Trovò un torrente a una certa distanza dall'accampamento, si accovacciò sulla sponda e osservò l'acqua che scorreva frangendosi sulle rocce. Immerse le mani nella gelida acqua di montagna; le dita gli si intorpidirono subito. A lei non importa di noi, o di nessuno, pensò. Rabbrividì e si alzò. Un'impronta insolita sulla sponda opposta del torrente catturò la sua attenzione. Aveva una forma strana ed era molto grande. Incuriosito, saltò oltre il torrente su una lastra di roccia, ma nel toccare terra il piede gli scivolò su una chiazza di muschio umido. Si afferrò a un ramo per sorreggersi, ma il ramo si spezzò e lui protese la mano per attutire la caduta. Tutto il suo peso gravò di colpo sul polso destro, che si ruppe con uno schiocco terribile. Un dolore lancinante gli trafisse il braccio. Mormorò una serie di imprecazioni a denti stretti per impedirsi di urlare. Accecato dal dolore, si rannicchiò sul terreno, tenendosi il polso, Eragon! fu il grido allarmato di Saphira. Che cosa ti è successo?
Ho il polso rotto... una cosa stupida... sono caduto
Arrivo, disse Saphira.
No… posso farcela. Non... venire. Gli alberi sono troppo fitti per... le tue ali.
Lei gli mandò una breve immagine di se stessa che schiantava gli alberi della foresta per andarlo a prendere, poi disse: Sbrigati.
Eragon si alzò a fatica, gemendo. L'impronta, a poca distanza da lui, era molto profonda e mostrava i buchi lasciati dagli stivali chiodati. All'istante Eragon rammentò le impronte che aveva visto intorno alla catasta di corpi a Yazuac. «Urgali» esclamò orripilato, col desiderio di avere Zar'roc con sé; non poteva usare l'arco con una mano sola. Levò il capo e gridò con la mente: Saphira! Gli Urgali! Proteggi Brom!
Balzò di nuovo oltre il ruscello per tornare all'accampamento, con il coltello da caccia in pugno. Vedeva nemici dietro ogni albero e cespuglio. Spero che almeno sia un solo Urgali. Piombò nell'accampamento e fece appena in tempo ad abbassarsi quando la coda di Saphira tagliò l'aria sopra di lui. «Fermati! Sono io» urlò.
Scusa, disse Saphira, le ali chiuse davanti a sé come un muro.
«Scusa?» ringhiò Eragon, correndo verso di lei. «Avresti potuto uccidermi! Dov'è Brom?» «Sono qui» gracchiò la voce di Brom da dietro le ali di Saphira. «Di' a questa idiota della tua dragonessa di liberarmi; a me non da retta.»
«Lascialo andare!» disse Eragon esasperato. «Ma non gli hai detto niente?»
No, rispose lei imbarazzata. Tu mi hai detto solo di proteggerlo. Levò le ali e Brom uscì con aria imbronciata.
«Ho trovato un'impronta di Urgali. Ed è fresca.»
Il volto di Brom si fece serio. «Sella i cavalli. Ce ne andiamo.» Spense il fuoco, ma Eragon non si mosse. «Che cosa ti è successo al braccio?»
«Mi sono rotto il polso» rispose il ragazzo, vacillando.
Brom lanciò un'imprecazione e sellò Cadoc per lui. Aiutò Eragon a salire in groppa e disse: «Dobbiamo steccarti il braccio appena possibile. Nel frattempo, cerca di non muovere il polso.» Eragon afferrò saldamente le redini con la sinistra. Brom si rivolse a Saphira: «È quasi buio; faresti meglio a volare sopra di noi. Se arrivano gli Urgali, ci penseranno due volte prima di attaccarci con te nelle vicinanze.»
Sarà meglio per loro, altrimenti non penseranno mai più, ribattè Saphira mentre spiccava il volo. La luce sbiadiva in fretta, e i cavalli erano stanchi, ma i due viaggiatori li spronavano senza posa. Il polso di Eragon, gonfio e rosso, continuava a pulsare. A un miglio dall'accampamento. Brom si fermò. «Ascolta» disse.
Eragon udì un corno da caccia risuonare in lontananza. Seguì un silenzio agghiacciante. «Devono aver scoperto dove eravamo» disse Brom. «e probabilmente hanno visto anche le tracce di Saphira. Ora ci inseguiranno. Non è nella loro natura farsi sfuggire una preda.» Poi suonarono altri due comi, più vicini, questa volta. Eragon rabbrividì. «La nostra unica possibilità è fuggire al galoppo» disse Brom. Levò la testa al cielo e il suo volto sbiancò per lo sforzo di chiamare Saphira. La dragonessa piombò dal cielo notturno e atterrò. «Lascia Cadoc e va' con lei. Sarai più al sicuro» ordinò Brom. «E tu?» protestò Eragon.
«Non ti preoccupare per me. Vai!» Privo di energie per discutere, Eragon montò su Saphira, mentre Brom lanciava Fiammabianca. al galoppo, insieme a Cadoc. Saphira volava sopra di lui. Eragon si reggeva a Saphira meglio che poteva; faceva una smorfia ogni volta che i suoi movimenti gli davano una scossa al polso. I corni suonarono vicinissimi, e fu invaso da una nuova ondata di terrore. Brom si precipitò nel sottobosco, esortando al massimo i cavalli. I corni squillarono dietro di lui, poi tacquero.
I minuti passarono. Dove sono gli Urgali? si chiese. Eragon. A un tratto udì un debole suono in lontananza. Sospirò di sollievo, abbandonandosi sul collo di Saphira, mentre sotto di loro Brom rallentava il galoppo forsennato. C'è mancato poco, disse Eragon.
Già, ma non possiamo fermarci finché... Saphira fu interrotta da uno squillo di corno proprio sotto di loro, Eragon trasalì sorpreso, e Brom riprese la sua frenetica ritirata. Urgali cornuti, gridando con voci rauche, galoppavano di gran carriera sulla pista, guadagnando terreno. Erano quasi in vista di Brom; il vecchio non sarebbe riuscito a seminarli. Dobbiamo fare qualcosa! esclamò Eragon. Che cosa?
Atterra davanti agli Urgali!
Sei impazzito? ruggì Saphira, sbigottita.
Atterra! So quello che faccio, disse Eragon. Non c'è tempo per inventarci qualcos'altro. Stanno per raggiungere Brom!
Come vuoi,. Saphira si spinse oltre gli Urgali, poi virò, preparandosi ad atterrare sul sentiero. Eragon si concentrò per raggiungere il cuore del suo potere e avvertì la familiare barriera che lo separava dalla magia Aspettò ancora prima di infrangerla. Avvertì un muscolo del collo contrarsi. Mentre gli Urgali accorciavano la distanza, Eragon gridò: «Ora!» Saphira dispiegò le ali di colpo e atterrò sul sentiero in una nuvola di polvere e ciottoli.
Gli Urgali gridarono allarmati e strattonarono le redini dei cavalli. Gli animali si arrestarono all'istante e andarono a urtare l'uno contro l'altro; tuttavia gli Urgali riuscirono rapidamente a districarsi per affrontare Saphira ad armi snudate, Erano dodici, dodici orribili, creature dal ghigno brutale. Eragon si chiese come mai non fuggissero. Aveva creduto che alla vista di Saphira se la sarebbero data a gambe. Perché aspettano? Vogliono attaccarci o no?
Rimase di stucco quando l'Urgali più grosso si fece avanti e biascicò: «Il nostro padrone desidera parlare con te, umano!» Il mostro parlava con un forte accento gutturale.
È una trappola, lo ammonì Saphira prima che Eragon dicesse qualcosa. Non starli a sentire. Almeno fammi scoprire che cosa ha da dire, ragionò lui, incuriosito, ma in guardia. «Chi è il tuo padrone?» domandò.
L'Urgali rise beffardo. «Uno di bassa lega come te non è degno di conoscere il suo nome. Egli domina il cielo e la terra. Per lui tu non sei altro che un'insulsa formica. Tuttavia ha deciso che devi essere portato al suo cospetto vivo. Ritieniti onorato di aver ricevuto una tale notizia!» «Non verrò mai con voi o con un altro dei miei nemici!» dichiarò Eragon, ripensando a Yazuac. «Che serviate uno Spettro, un altro Urgali o qualche mostro deforme di cui non ho mai sentito parlare, non ho alcuna intenzione di parlare con lui.»
«Grave errore» ringhiò l'Urgali, mostrando i denti. «Non c'è modo di sfuggirgli. Alla fine ti troverai comunque davanti al nostro padrone. Se resisti, colmerà i tuoi giorni di dolore.»
Eragon si chiese chi avesse il potere di portare gli Urgali sotto tin'unica bandiera. C'era forse una terza potenza sconosciuta nel territorio, oltre all'Impero e ai Varden? «Tieniti pure la tua offerta e di' al tuo padrone che mi auguro che i corvi si mangino presto le sue viscere!»
Un brontolio di rabbia si diffuse fra gli Urgali; il loro capo ululò, digrignando i denti. «Allora ti trascineremo da lui con la forza!» A un suo cenno, gli Urgali si avventarono su Saphira. Eragon levò la mano destra e gridò: «Jierda!»
No! esclamò Saphira, troppo tardi, però.
I mostri esitarono vedendo il palmo di Eragon rifulgere. Lampi di luce guizzarono dalla sua mano e colpirono ciascuno dei mostri al ventre. Gli Urgali vennero scagliati in aria e scaraventati contro gli alberi; poi ricaddero inerti al suolo.
Improvvisamente prosciugato di ogni energia, Eragon scivolò dal dorso di Saphira. Si sentiva la mente annebbiata. Quando Saphira si chinò su di lui, si rese conto che forse si era spinto troppo oltre. L'energia necessaria a respingere dodici Urgali era enorme. Fu invaso dal panico, mentre lottava per restare sveglio.
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