Volodyk - Paolini3-Brisingr
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Volodyk - Paolini3-Brisingr краткое содержание
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«Signorsì!»
«Andate, allora. Quelli che non riusciranno a salire su questo tetto ne trovino altri da dove colpire i soldati. Harald, passa parola a tutti, trova dieci dei nostri migliori lancieri e dei nostri migliori spadaccini e portali qui più veloce che puoi.»
«Signorsì!»
In un turbine di movimento, i guerrieri si affrettarono a obbedire. Quelli che si trovavano più vicini a Roran recuperarono gli archi e le faretre dalle selle, poi, salendo sul dorso dei cavalli, si issarono sul tetto di paglia della casa. Qualche minuto dopo quasi tutti gli uomini di Roran erano appostati sui tetti di sette diverse case - otto uomini circa per tetto - e Harald era tornato seguito dagli spadaccini e dai lancieri.
Ai guerrieri radunati intorno a lui Roran disse: «Bene, ora statemi a sentire. Quando darò l'ordine, gli uomini sui tetti cominceranno a tirare. Non appena il primo sciame di frecce colpirà i soldati, noi usciremo allo scoperto e cercheremo di salvare il capitano Edric. Se non ci riusciamo, prepariamoci a dare alle tuniche rosse un assaggio di freddo metallo. Gli arcieri dovrebbero creare abbastanza confusione da permetterci di assalire i soldati prima che riescano a usare le balestre. Tutto chiaro?»
«Signorsì!»
«E allora... tirate!» gridò Roran.
Urlando a squarciagola, i guerrieri appostati sui tetti si alzarono e, come un sol uomo, scaricarono gli archi sui soldati nemici. Le frecce sibilarono come uno stormo di averle assetate di sangue che si tuffasse in picchiata sulle prede.
Un istante dopo, mentre si levavano i gemiti di agonia dei soldati feriti a morte, Roran disse: «E ora avanti!» E affondò i talloni nei fianchi di Fiammabianca.
In gruppo compatto, lui e i suoi uomini galopparono intorno alla casa, obbligando i destrieri a compiere una curva così stretta che rischiarono di rovesciarsi. Affidandosi alla propria velocità e all'abilità degli arcieri sui tetti, Roran schivò i soldati che correvano in preda al panico e giunse sul luogo del disastroso attacco di Edric. Lì il terreno era viscido di sangue, e fra una casa e l'altra giacevano i cadaveri di molti uomini valorosi e le carcasse dei loro cavalli. Le forze residue di Edric erano impegnate in un combattimento corpo a corpo con i soldati. Con stupore, Roran vide che il capitano era ancora vivo e combatteva schiena a schiena con cinque dei suoi uomini.
«Serrate i ranghi!» urlò Roran ai compagni mentre si gettavano nella mischia.
Fiammabianca colpì due soldati con gli zoccoli e li gettò a terra, spezzando le braccia con cui impugnavano le spade e calpestando loro le costole. Roran diede una pacca compiaciuta sul collo dello stallone, poi fece roteare il martello, ringhiando di gioia sanguinaria mentre abbatteva un soldato dopo l'altro senza che nessuno riuscisse a sostenere la ferocia del suo assalto. «A me!» urlò, affiancandosi a Edric e agli altri sopravvissuti. «A me!» Di fronte a lui, le frecce continuavano a piovere sulla massa dei soldati, costringendoli a coprirsi con gli scudi mentre cercavano di parare i colpi delle spade e delle lance dei Varden.
Quando lui e i suoi guerrieri ebbero circondato i Varden appiedati, Roran urlò: «Indietro! Indietro! Alle case!» Passo dopo passo, indietreggiarono tutti fino a portarsi fuori del raggio delle lame nemiche, poi si voltarono e corsero fino alla casa più vicina. I soldati scagliarono i dardi e uccisero tre dei Varden lungo il tragitto, ma il resto arrivò illeso all'edificio.
Edric si accasciò contro il muro, ansimando per riprendere fiato. Quando fu di nuovo in grado di parlare, fece un cenno verso gli uomini di Roran e disse: «Il vostro intervento è stato tempestivo e gradito, Fortemartello, ma perché vi vedo qui, e non a cavalcare in mezzo agli altri soldati nemici, come mi aspettavo?»
Allora Roran spiegò che cosa aveva fatto e indicò gli arcieri sui tetti.
Una cupa ruga solcò la fronte di Edric mentre ascoltava il resoconto di Roran. Tuttavia non lo punì per la sua disobbedienza, ma si limitò a dirgli: «Fa' subito scendere quegli uomini. Sono riusciti a rompere le fila dei soldati. Adesso dobbiamo affidarci all'onesto lavoro di spada per sconfiggerli.»
«Siamo troppo pochi per attaccare direttamente i soldati!» protestò Roran. «Non siamo neppure uno contro tre.»
«Dove mancano i numeri, si fa avanti il valore!» tuonò Edric. «Mi avevano detto che eri un uomo coraggioso, Fortemartello, ma a quanto pare era una menzogna, e sei pavido come un coniglio spaurito. Ora ubbidisci agli ordini e non osare contraddirmi di nuovo!» Il capitano fece un cenno a uno dei guerrieri di Roran. «Tu, laggiù, prestami il tuo stallone.» Dopo che l'uomo fu smontato, Edric balzò in sella e disse: «La metà di voi a cavallo mi segua; portiamo rinforzi a Sand. Gli altri rimangano qui con Roran.» Scalciando nei fianchi del cavallo, si allontanò al galoppo con gli uomini che avevano scelto di seguirlo, sfilando di fianco alle case per aggirare i soldati ammassati al centro del villaggio.
Mentre li guardava allontanarsi, Roran ebbe un fremito di rabbia. Non aveva mai permesso a nessuno prima di allora di mettere in dubbio il suo coraggio senza rispondere alla critica con le parole o con i pugni. Finché la battaglia era in corso, però, non sarebbe stato opportuno sfidare Edric. D'accordo, pensò, gli dimostrerò il coraggio che secondo lui mi manca. Ma non avrà altro da me. Non manderò gli arcieri a combattere corpo a corpo, quando sono più sicuri e più utili dove si trovano.
Roran si volse e ispezionò gli uomini che Edric gli aveva lasciato. Fra quelli che avevano salvato, fu felice di vedere Carn, graffiato e sporco di sangue, ma vivo. Si scambiarono un cenno, poi Roran si rivolse al gruppo. «Avete sentito quello che ha detto Edric. Io non sono d'accordo. Se facciamo come vuole, saremo una catasta di cadaveri prima del tramonto. Possiamo ancora vincere questa battaglia, ma non gettandoci fra le braccia della morte! Dove mancano i numeri, si fa avanti l'astuzia. Tutti voi sapete come mi sono unito ai Varden. Sapete che ho già combattuto e sconfitto l'Impero una volta, e proprio in un villaggio come questo! Posso farcela, ve lo giuro. Ma non da solo. Siete con me? Pensateci bene. Io mi assumerò la responsabilità di aver ignorato gli ordini di Edric, ma lui e Nasuada potrebbero punire lo stesso chiunque sia coinvolto.»
«E sarebbero degli sciocchi» grugnì Carn. «Preferirebbero che morissimo qui? Non credo proprio. Puoi contare su di me, Roran.»
A quelle parole, Roran vide gli altri uomini drizzare le spalle e serrare le mascelle. I loro occhi ardevano di rinnovata determinazione, e il giovane capì che avevano deciso di restare al suo fianco, fosse solo per non separarsi dall'unico mago della compagnia. Molti erano i guerrieri dei Varden che dovevano la vita a un membro del Du Vrangr Gata, e gli uomini d'armi che Roran conosceva si sarebbero tagliati un piede piuttosto che andare in battaglia senza uno stregone a portata di mano.
«Sì, Fortemartello» disse Harald. «Puoi contare anche su di noi.»
«Allora seguitemi!» disse Roran. Si chinò per issare Carn in sella dietro di sé, poi insieme al gruppo si lanciò al galoppo lungo il perimetro del villaggio per tornare là dove gli arcieri sui tetti continuavano a scagliare frecce sui soldati. Mentre saettavano da una casa all'altra, i dardi ronzavano tutto attorno come giganteschi insetti arrabbiati; uno si conficcò nello scudo di Harald.
Raggiunto il riparo, Roran ordinò che gli uomini a cavallo consegnassero archi e frecce a quelli a piedi, che poi mandò sui tetti delle case insieme agli altri arcieri. Mentre tutti si affrettavano a obbedirgli, Roran richiamò con un cenno Carn, che era balzato giù da Fiammabianca non appena si erano fermati, e disse: «Mi serve un incantesimo di difesa. Puoi proteggere me e altri dieci da questi dardi?»
Carn esitò. «Per quanto tempo?»
«Un minuto? Un'ora? Chi può saperlo.»
«Proteggere così tanta gente insieme da un tale numero di dardi esaurirebbe in poco tempo tutta la mia forza... però, se per te fa lo stesso, posso deviare ogni singolo dardo e...»
«Perfetto.»
«Chi vuoi che protegga?»
Roran indicò gli uomini che aveva scelto e Carn chiese a ciascuno il nome. Poi, con le spalle curve, cominciò a borbottare nell'antica lingua, il volto pallido e tirato. Per tre volte cercò di evocare l'incantesimo e per tre volte fallì. «Mi dispiace» sospirò avvilito. «Non riesco a concentrarmi.»
«Maledizione, non ti scusare» ringhiò Roran. «Fallo e basta!» Saltando giù da Fiammabianca, afferrò con le mani la testa di Carn tenendola ferma. «Guardami! Guardami dritto negli occhi. Ecco, continua a fissarmi... Bene. Adesso evoca questo dannato incantesimo!»
I lineamenti del mago si spianarono, le spalle si sciolsero; poi, con voce sicura, Carn formulò l'incantesimo. Non appena ebbe pronunciato l'ultima parola, si abbandonò alla stretta di Roran, poi si riebbe. «Fatto» disse.
Roran gli diede una pacca sulla spalla e tornò in groppa a Fiammabianca. Facendo scorrere lo sguardo sui dieci cavalieri, disse: «Guardatemi i fianchi e le spalle, ma tenetevi abbastanza lontani da permettermi di manovrare il martello.»
«Signorsì!»
«Ricordatevi che i dardi non possono farvi niente, adesso. Carn, tu resta qui. Risparmia le forze. Se ti accorgi di non riuscire più a mantenere l'incantesimo, avvertici prima di troncarlo. D'accordo?»
Carn sedette sul gradino della casa e annuì. «D'accordo.»
Stringendo con più forza scudo e martello, Roran trasse un profondo respiro nel tentativo di calmarsi. «Pronti» disse, e fece schioccare la lingua per incitare Fiammabianca.
Con i dieci cavalieri al seguito, Roran uscì allo scoperto in mezzo alla strada polverosa per affrontare ancora una volta i soldati. Al centro del villaggio restavano all'incirca cinquecento soldati di Galbatorix, per gran parte inginocchiati dietro gli scudi e impegnati a ricaricare le balestre. Di tanto in tanto, un soldato si alzava e scagliava un dardo contro uno degli arcieri sui tetti prima di rituffarsi dietro lo scudo, mentre una pioggia di frecce fendeva l'aria nel punto in cui si era alzato. Nello spiazzo disseminato di cadaveri, fasci di frecce costellavano il terreno come giunchi che emergono da una palude di sangue. A diverse centinaia di piedi di distanza, dall'altro lato dei soldati, Roran scorse un groviglio di corpi che si agitavano furiosamente, e dedusse che era lì che Sand, Edric e gli altri superstiti stavano combattendo. Se la giovane donna e il ragazzino si trovavano ancora nello spiazzo, non riusciva a vederli.
Un dardo sfrecciò ronzando verso Roran. Quando era a meno di una iarda dal suo petto, deviò bruscamente e mancò' sia lui che i suoi uomini. Roran ebbe un brivido, ma il dardo ormai era passato. La gola gli si serrò e il cuore cominciò a battergli all'impazzata.
Guardandosi intorno, vide un carro rotto addossato a un muro. Lo indicò e ordinò: «Portatelo qui e capovolgetelo. Cercate di bloccare la strada.» Agli arcieri urlò: «Non lasciate che i soldati ci attacchino ai lati! Quando ci vengono addosso, sfoltite i loro ranghi più che potete, e non appena finite le frecce, raggiungeteci.»
«Signorsì!»
«Attenti a non colpirci per sbaglio, o giuro che verrò a infestare le vostre case per l'eternità!»
«Signorsì!»
Altri dardi sfrecciarono lungo la strada, diretti contro Roran e i suoi uomini, ma ogni volta furono intercettati dall'incantesimo di Carn e deviarono conficcandosi in un muro, nel terreno o schizzando verso il cielo.
Roran osservò i suoi uomini trascinare il carro al centro della strada. Poco prima che finissero di sistemarlo, alzò la testa, si riempì i polmoni e ruggì ai soldati con quanto fiato aveva in gola: «Voi laggiù, dico a voi, bastardi rognosi! Guardate come solo undici di noi vi sbarrano il passo. Superateci e conquisterete la libertà. Fatevi sotto, se ne avete il coraggio. Cosa? Esitate? Dov'è la vostra virilità, vermi schifosi, sacchi di bile, porci assassini? I vostri padri erano mentecatti bavosi che avrebbero dovuto essere annegati alla nascita! Già, e le vostre madri erano sgualdrine vaiolose che si accoppiavano con gli Urgali!» Roran sorrise soddisfatto quando i soldati ulularono offesi e cominciarono a loro volta a insultarlo. Tuttavia uno dei soldati parve perdere la voglia di combattere, perché scattò in piedi e si slanciò verso nord, riparandosi con lo scudo e correndo a zigzag nel disperato tentativo di evitare gli arcieri. Malgrado i suoi sforzi, i Varden lo uccisero prima che avesse percorso più di un centinaio di piedi. «Ah!» esclamò Roran. «Non c'è uno fra di voi che non sia un vigliacco, luridi topi di fogna! Se serve a darvi un po' di nerbo, allora sappiate che il mio nome è Roran Fortemartello, ed Eragon Ammazzaspettri è mio cugino! Uccidetemi, e quel pazzo infame che avete per re vi ricompenserà con un contado, o anche di più. Ma dovrete uccidermi con una lama, perché con me le vostre balestre sono inutili. Fatevi sotto lumaconi, sanguisughe, viscidi parassiti morti di fame! Fatevi sotto e provate a sconfiggermi, se ne siete capaci!»
Lanciando un feroce grido di battaglia, una trentina di soldati lasciarono cadere le balestre, sguainarono le spade scintillanti e con gli scudi levati corsero incontro a Roran e ai suoi uomini.
Alla sua destra, Roran sentì Harald dire: «Signore, sono molti più di noi.»
«Già» rispose Roran, gli occhi fissi sui soldati che si avvicinavano. Quattro di loro barcollarono e stramazzarono a terra, senza più muoversi, trafitti da numerose frecce.
«Se ci caricano tutti insieme non ce la faremo.»
«Sì, ma non lo faranno. Guarda: sono confusi e disorganizzati. Il loro comandante deve essere morto. Finché manteniamo l'ordine, non riusciranno a sopraffarci.»
«Ma Fortemartello, non possiamo uccidere così tanti uomini da soli!» protestò Harald.
Roran lo fulminò con un'occhiata. «Certo che possiamo! Noi combattiamo per proteggere le nostre famiglie e per riprenderci le nostre case e le nostre terre. Loro combattono perché Galbatorix li costringe a farlo. Non ci mettono il cuore, in questa battaglia. Perciò pensate alle vostre famiglie, pensate alle vostre case, e ricordate che è questo che state difendendo. Un uomo che combatte per qualcosa di più importante di lui è capace di uccidere cento nemici senza alcuna difficoltà!» Con lo sguardo della mente Roran rivide Katrina nel suo azzurro abito nuziale, sentì il profumo della sua pelle, udì i toni smorzati della sua voce mentre parlavano a tarda notte.
Katrina.
Poi i soldati gli furono addosso, e per un po' Roran non sentì altro che il clangore delle spade che cozzavano sul suo scudo, i tonfi del suo martello che si abbatteva sugli elmi e le urla dei soldati che crollavano sotto i suoi colpi. I soldati gli si scagliavano contro guidati dalla forza della disperazione, ma non potevano competere con lui e i suoi uomini. Quando ebbe ucciso l'ultimo degli aggressori, Roran scoppiò a ridere euforico. Che gioia, aver sbaragliato coloro che avrebbero potuto fare del male a sua moglie e a suo figlio non ancora nato!
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