Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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LA BATTAGLIA DI FARTHEN DÛR
«E
’ cominciata» gli annunciò Arya con espressione dolente. Le truppe nell'accampamento erano già deste e vigili, le armi in pugno. Orik roteò la scure per sciogliere i muscoli del braccio. Arya incoccò una freccia, pronta a scagliarla.
«Qualche minuto fa è arrivato un esploratore da uno dei tunnel» disse Murtagh a Eragon. «Gli Urgali stanno arrivando.»
Insieme guardarono il nero ingresso della galleria attraverso le schiere di guerrieri e le file di pali appuntiti. Passò un lungo minuto, poi un altro, e un altro. Senza distogliere gli occhi dal tunnel, Eragon salì in groppa a Saphira, reggendo il peso rassicurante di Zar'roc. Al suo fianco, Murtagh montò su Tornac. Poi un uomo gridò: «Li sento!»
I guerrieri s'irrigidirono; le mani si strinsero intorno alle armi. Nessuno si muoveva; nessuno respirava. Da qualche parte, un cavallo nitrì.
Roche grida di Urgali squarciarono l'aria mentre sagome nere eruttavano dall'apertura del tunnel. Al comando stabilito, i calderoni di pece bollente vennero inclinati verso la fenditura, riversando fiumi di liquido ustionante nella bocca famelica della galleria. I mostri ulularono di dolore, agitando le braccia. Una torcia venne scagliata sulla pece ribollente, intrappolando gli Urgali in un inferno. Nauseato, Eragon guardò oltre la piana del Farthen Dùr e vide gli altri due battaglioni impegnati nella stessa carneficina. Rinfoderò Zar'roc e incordò l'arco.
Altri Urgali presto spensero i fuochi di pece e si. arrampicarono dai tunnel, calpestando i corpi bruciati dei compagni. Si ammassarono, compatti come un solido muro davanti agli uomini e ai nani. Dietro la palizzata che Orik aveva aiutato a costruire, la prima linea di arcieri liberò una pioggia di frecce. Eragon e Arya aggiunsero i loro dardi allo sciame fatale e li videro falciare i ranghi degli Urgali.
La linea dei mostri vacillò, minacciando di spezzarsi, ma i nemici si ripararono con gli scudi e sostennero l'attacco. Di nuovo gli arcieri tirarono, ma gli Urgali continuavano ad affiorare a un ritmo spaventoso.
Eragon era sconvolto dalla loro quantità. Dovevano ucciderli uno per uno? Gli parve un compito impossibile. L'unica nota incoraggiante era il fatto di non vedere soldati di Galbatorix con gli Urgali. Non ancora, almeno.
L'esercito avversario formava una solida massa di corpi che sembrava estendersi all'infinito. Vessilli logori e macchiati furono innalzati dal folto dei mostri. Lugubri note echeggiarono nel Farthen Dùr quando i corni di guerra risuonarono. L'intero gruppo di Urgali caricò con selvagge grida di guerra. Si lanciarono contro le file di pali appuntiti, coprendoli di sangue viscido e corpi inerti, mentre i ranghi dell'avanguardia venivano schiacciati contro le difese. Una nube di frecce nere volò oltre la barriera, ricadendo sui difensori accovacciati. Eragon si nascose dietro lo scudo, e Saphira si coprì la testa. Le frecce tintinnarono innocue contro la sua armatura.
Respinta dai picchetti, l'orda degli Urgali esitò, confusa. I Varden si raggrupparono in attesa del nuovo assalto. Dopo una breve pausa, le grida di guerra risuonarono ancora, mentre gli Urgali riprendevano le forze. L'attacco fu feroce. L'impeto portò gli Urgali attraverso la foresta di paletti, dove ima linea di picchieri scagliò freneticamente le armi contro i mostri, nel tentativo di arrestare la marea. I picchieri opposero resistenza, ma l'orrida massa di Urgali era inarrestabile, e furono sopraffatti.
Con la prima linea di difesa spezzata, i corpi principali delle due forze si scontrarono per la prima volta. Un ruggito assordante si levò dagli uomini e dai nani mentre si lanciavano nella mischia. Saphira levò un cupo bramito e si scagliò nel cuore della battaglia, immergendosi in un turbine di rumori e azioni confuse.
Con le zanne e gli artigli, la dragonessa dilaniò un Urgali. I suoi denti erano letali quando una spada, la sua coda un maglio gigantesco. In sella, Eragon parò il colpo di mazza di un capo Urgali, proteggendole le ali vulnerabili. Zar'roc sembrava lieta che tanto sangue scorresse lungo la sua lama cremisi.
Con la coda dell'occhio, Eragon vide Orik mozzare teste di Urgali con precisi fendenti della sua ascia. A fianco del nano c'era Murtagh su Tornac, il volto distorto da un ghigno malevolo: furente, roteava la spada, sbaragliando ogni avversario. Poi Saphira si volse, ed Eragon vide Arya scavalcare con un agile balzo il corpo senza vita di un avversario.
Un Urgali investì con furia cieca un nano ferito e si scagliò contro la zampa destra di Saphira, quella davanti. La sua spada slittò sull'armatura in.una pioggia di scintille. Eragon lo colpì alla testa, ma Zar'roc rimase impigliata nelle sue corna e gli fu strappata di mano. Eragon imprecò, e da Saphira si tuffò sull'Urgali, schiacciandogli il muso con lo scudo. Liberò Zar'roc dalle corna e fece appena in tempo a evitare la carica di un altro Urgali.
Saphira, ho bisogno di te! gridò, ma la confusione della battaglia li aveva separati. All'improvviso un Kull si avventò su di lui, con la mazza pronta a colpire. Sapendo che non avrebbe avuto il tempo di levare lo scudo per proteggersi, Eragon urlò; «Jierda!» La testa del Kull scattò all'indietro con uno schianto secco: gli si era spezzato il collo. Altri quattro Urgali placarono la sete di sangue di Zar'roc, poi Murtagh piombò con Tornac fra gli assalitori.
«Salta su!» gridò, e si sporse dal fianco del destriero per issare Eragon in sella. Galopparono verso Saphira, circondata da dodici lancieri Urgali che la pungolavano con le loro armi. Erano già riusciti a perforarle entrambe le ali, e il suo sangue bagnava il terreno. Ogni volta che si avventava contro uno degli Urgali, gli altri serravano i ranghi e le puntavano le lance contro gli occhi, costringendola a indietreggiare. Cercava di spazzare via le lance a colpi di artìgli, ma gli Urgali balzavano indietro e la evitavano.
La vista di Saphira insanguinata riempì di furia Eragon. Smontò da Tornac con un grido selvaggio e infilzò l'Urgali più vicino affondandogli Zar'roc nel petto fino all'elsa, nella frenesia di salvare la dragonessa. Il suo assalto le fornì l'occasione di liberarsi. Con un calcio fece volare via un Urgali, poi trottò verso di lui. Eragon si afferrò a una delle punte dorsali e le montò in sella. Murtagh alzò la mano in segno di saluto e si lanciò alla carica di un altro manipolo di Urgali.
In tacita intesa con Eragon, Saphira spiccò il volo e si levò sugli eserciti in lotta, cercando un attimo di tregua dalla frenesia. Il ragazzo aveva il respiro affannato, ì muscoli ancora tesi, pronti a respingere un altro attacco. Ogni fibra del suo essere formicolava di energia, e si sentiva più vivo che mai.
Saphira volò in circolo tanto a lungo da permettere a entrambi di recuperare le forze, poi scese verso gli Urgali, sfiorando il terreno per evitare di essere facilmente avvistata. Piombò sui nemici da dietro, dove erano radunati gli arcieri.
Prima che gli Urgali se ne rendessero conto, Eragon mozzò la testa di due arcieri; Saphira ne sventrò altri tre. Riprese quota in fretta al suono dell'allarme, salendo oltre la portata delle frecce. Ripeterono la tattica su un altro versante dell'esercito nemico. La velocità e la scaltrezza di Saphira, combinate con la scarsa illuminazione, rendevano quasi impossibile per gli Urgali prevedere dove avrebbe attaccato poco dopo. Eragon usava l'arco quando Saphira era in aria, ma presto si ritrovò a corto di frecce. L'unica cosa che gli rimase nella faretra fu la magia ma voleva conservarla fino al momento in cui fosse stata assolutamente necessaria.
I voli di Saphira sui combattenti fornirono a Eragon una straordinaria visione di come procedeva lo scontro. Nel Farthen Dùr erano in corso tre battaglie distinte, una per ogni tunnel aperto. Gli Urgali erano svantaggiati dalla dispersione delle forze, e dall'incapacità di far uscire tutto l'esercito in una volta dalle gallerie. Anche così, però, i Varden e i nani non riuscivano a impedire ai mostri di avanzare e ripiegavano lentamente verso Tronjheim. I difensori sembravano insignificanti contro la massa di Urgali, che erano sempre più numerosi via via che sciamavano dai tunnel. I gruppi di Urgali si stringevano intorno a diversi stendardi, ciascuno a rappresentare un clan, ma non era chiaro chi fosse il comandante in capo di tutte le truppe. I clan si ignoravano a vicenda, come se ricevessero ordini da qualcun altro. Eragon sperava di individuare presto il comandante, così da poterlo uccidere.
Rammentando gli ordini di Ajihad, prese a passare informazioni ai Gemelli. Parvero molto interessati alla notizia dell'apparente mancanza di un capo fra gli Urgali e lo interrogarono a fondo. Lo scambio fu breve e formale.
Infine i Gemelli, gli dissero: Hai l'ordine di assistere Rothgar; le cose stanno andando male per il suo battaglione.
Vado, rispose Eragon.
Saphira volò rapida verso i nani assediati, abbassandosi in direzione di Rothgar. Protetto da un'armatura d'oro, il re dei nani era alla testa di un gruppo di sudditi e brandiva Volund, il martello dei suoi antenati. La sua barba bianca catturò il bagliore delle lanterne quando il nano alzò il viso verso Saphira. Nei suoi occhi brillò una scintilla di ammirazione.
Saphira atterrò accanto ai nani e si volse per affrontare gli Urgali all'assalto. Perfino il più ardito dei Kull vacillò davanti alla sua ferocia, e questo permise ai nani di sferrare per primi l'attacco. Eragon cercò di tenere Saphira al sicuro. Il suo fianco sinistro era protetto dai nani, ma di fronte e a destra ribolliva una fiumana di nemici. Il ragazzo non ebbe pietà per loro e sfruttò ogni vantaggio, usando la magia dove Zar'roc non arrivava. Una lancia rimbalzò sul suo. scudo, ammaccandolo, lasciandogli una spalla contusa. Scrollandosi di dosso il dolore, fracassò il cranio di un Urgali, confondendo ossa e cervello con il metallo.
Guardava con timore reverenziale Rothgar che, pur molto vecchio sia per gli uomini che per i nani, in battaglia era ancora insuperabile. Nessun Urgali, che fosse Kull o altro, riusciva ad affrontare il re dei nani e le sue guardie e a sopravvivere. Ogni volta che Volund colpiva, il gong della morte suonava per un altro nemico. Dopo che una. lancia ebbe trafitto uno dei suoi guerrieri. Rothgar afferrò l'arma e con forza inaudita la rispedì al mittente, a oltre venti iarde di distanza. Un tale eroismo contagiò Eragon, che corse qualche rischio in più per dimostrarsi all'altezza del potente re. Si lanciò verso un gigantesco Kull piuttosto lontano e per poco non cadde di sella. Prima che riprendesse l'equilibrio, il Kull schivò le difese di Saphira e roteò la spada. Il colpo si abbattè sull'elmo di Eragon, spingendolo all'indietro.
Stordito, con la vista annebbiata e le orecchie ronzanti, Eragon tentò di rimettersi dritto, ma il Kull era già pronto a sferrare un altro colpo. Mentre il braccio del Kull calava, una sottile lama d'acciaio comparve all'improvviso dal suo torace. Ululando, il mostro rovinò a terra. Dietro lui sorrideva Angela.
La maga indossava un lungo manto rosso sopra una superba corazza con decori di smalto nero e verde. Portava una strana arma, un lungo bastone di legno con una lama su ciascuna estremità. Angela fece un cenno a Eragon, poi corse via, roteando il bastone spada come un derviscio. Vicino a lei c'era Solembum, sotto le sembianze di un ragazzino dai capelli irti. Impugnava un piccolo pugnale nero, i denti aguzzi scoperti in un ringhio felino.
Ancora frastornato dal colpo alla testa, Eragon riuscì a raddrizzarsi sulla sella. Saphira si alzò in volo e rimase in aria il tempo per farlo riprendere. Mentre scrutava la piana del Farthen Dùr, il ragazzo vide con suo sommo sgomento che tutti e tre i fronti versavano in cattive acque. Né Ajihad, né Jormundur, né Rothgar riuscivano a fermare gli Urgali. Erano troppi.
Eragon si chiese quanti Urgali poteva uccidere in una volta facendo ricorso alla magia. Conosceva fin troppo bene i propri limiti,. Se ne avesse uccisi tanti da fare la differenza, probabilmente sarebbe stato un suicidio. Forse era proprio quello che serviva per vincere.
La battaglia continuava incessante, ora dopo ora. I Varden e i nani erano sfiniti, ma gli Urgali ricevevano sempre rinforzi freschi.
Per Eragon era un incubo. Anche se lui e Saphira combattevano allo stremo, c'era sempre un altro Urgali a prendere il posto di quello appena Ucciso. Gli faceva male tutto il corpo, soprattutto la testa. Ogni volta che usava la magia, perdeva un po' più di energia. Saphira era in condizioni migliori, ma le sue ali erano trafitte da tante piccole ferite.
Mentre parava un colpo, i Gemelli lo chiamarono con urgenza. Si sentono forti rumori sotto Tronjheim. Sembra che gli Urgali stiano cercando di scavare sotto la città! Tu e Arya dovete venire subito per far crollare le gallerie che stanno scavando.
Eragon si liberò dell'avversario con un affondo. Veniamo subito. Cercò Arya e la vide impegnata con un gruppo di Urgali. Saphira aprì un varco per l'elfa, lasciando una scia di corpi schiacciati, Eragon le tese una mano e disse: «Sali!»
Arya saltò in groppa a Saphira senza esitare. Cinse la vita di Eragon con il braccio destro e continuò a impugnare la spada insanguinata nella sinistra. Mentre Saphira si dava lo slancio per spiccare il volo, un Urgali corse verso di lei ululando e la colpì in pieno petto con un'ascia.
Saphira ruggì di dolore e barcollò, proprio mentre le sue zampe si staccavano da terra. Dispiegò le ali con uno schiocco sonoro per riprendere l'equilibrio ed evitare di schiantarsi al suolo, poi virò bruscamente da un lato, sfiorando il terreno con la punta dell'ala destra. Sotto di loro, l'Urgali ritrasse il braccio, pronto a scagliare l'ascia. In quell'istante. Arya gridò e alzo il palmo, e un globo di energia color smeraldo guizzò dalla sua mano contro l'Urgali, uccidendolo sul colpo. Con uno sforzo colossale, Saphira recuperò l'assetto di volo e si alzò, sfiorando le teste dei guerrieri. Si allontanò dal campo di battaglia con potenti colpi d'ala. Respirava con affanno.
Stai bene? le domandò Eragon, preoccupato. Non riusciva a vedere dov'era stata colpita. Sopravviverò, rispose lei, ma la parte davanti della mia armatura è schiacciata verso l'interno. Mi fa male e mi impedisce di muovermi.
Ce la fai ad arrivare sulla rocca?
... vedremo.
Eragon riferì ad Arya le condizioni di Saphira. «Resterò io con Saphira quando atterreremo» si offrì l'elfa. «E quando l'avrò liberata dall'armatura, ti raggiungerò.»
«Grazie» disse lui. Il volo fu faticoso per Saphira, che planava ogni volta che poteva. Quando ebbero raggiunto la rocca, atterrò pesantemente su Isidar Mithrim, dove avrebbero dovuto trovarsi i Gemelli per assistere alla battaglia: ma il luogo era deserto. Eragon balzò a terra e trasalì nel vedere i danni provocati dall'Urgali. Quattro placche metalliche del pettorale di Saphira erano state schiacciate verso l'interno, diminuendo la sua capacità di piegarsi e respirare. «Buona fortuna» le disse, posandole una mano sul fianco; poi corse via sotto l'arco.
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