Volodyk - Paolini2-Eldest
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Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание
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Spostando lo sguardo da Roran a Baldor, che era ugualmente ammutolito dallo stupore, Horst disse: «Che vista magnifica, eh?»
«Sì» disse Roran.
«Ti fa sentire piccolo, non trovi?»
«Già» disse Baldor.
Horst annuì. «Ricordo che la prima volta che vidi l'oceano mi fece lo stesso effetto.»
«Quando fu?» chiese Roran. Oltre agli stormi di gabbiani che volteggiavano sulla baia, notò uno strano uccello appollaiato sul molo. L'animale aveva il corpo sgraziato e un lungo becco dritto che teneva aderente al petto come un vecchio pomposo, la testa e il collo bianchi, e il torso scuro. Uno degli uccelli alzò il becco, rivelando una borsa di pelle sotto.
«Bartram, il fabbro che c'era prima di me» disse Horst, «morì quando avevo quindici anni, un anno prima della fine del mio apprendistato. Dovevo trovare un fabbro che terminasse il lavoro di un altro, così andai a Ceunon, che si trova sulle rive del Mare del Nord. Lì conobbi Kelton, un vecchio che però sapeva il fatto suo. Acconsentì a insegnarmi.» Horst rise. «Il tempo di finire il mio apprendistato, e non sapevo se dovevo ringraziarlo o mandarlo al diavolo.» «Ringraziarlo, direi» fece Baldor. «Altrimenti, non avresti mai sposato la mamma.»
Roran s'incupì mentre scrutava il lungomare. «Non ci sono molte navi» osservò. Due imbarcazioni erano ormeggiate all'estremità sud del molo, e una terza dalla parte opposta, senza altro in mezzo se non pescherecci e piccoli battelli. Della coppia a sud, una aveva l'albero spezzato. Roran non aveva esperienza di navi, ma a suo avviso nessuna delle imbarcazioni era abbastanza grande da trasportare quasi trecento passeggeri.
Passando da una nave all'altra, i tre scoprirono che erano già tutte ingaggiate. E ci sarebbe voluto oltre un mese per riparare quella con l'albero rotto. L'imbarcazione a fianco, la Solcaonde, era armata di vele di pelle, pronta ad avventurarsi verso nord, diretta alle infide isole dove cresceva la Seithr. E YAlbatros, l'altra nave, era appena arrivata dalla lontana Feinster e doveva aspettare un nuovo calafataggio prima di partire col suo carico di lana. Un portuale rise alle domande di Horst. «Siete arrivati troppo tardi, o troppo presto, dipende dai punti di vista. Le navi che viaggiano in primavera sono arrivate e partite due, tre settimane fa. Fra un altro mese, cominceranno a soffiare i venti da nordovest, e allora torneranno i cacciatori di foche e balene e arriveranno navi da Teirm e dal resto dell'Impero per caricare pelli, carne e olio. Forse allora vi capiterà di ingaggiare un capitano con la stiva vuota. Nel frattempo, non si vede molto traffico da queste parti.»
Disperato, Roran chiese: «Non c'è un altro modo per trasportare merci da qui a Teirm? Non dev'essere necessariamente qualcosa di comodo o veloce.»
«Be'» disse l'uomo, spostando il peso della cassa che portava sulle spalle, «se non dev'essere qualcosa di veloce e dovete arrivare soltanto a Teirm, provate a chiedere a Clovis, laggiù.» Indicò una serie di rimesse fra due moli dove si custodivano le barche. «Possiede alcune chiatte con cui trasporta il grano in autunno. Il resto dell'anno, Clovis fa il pescatore per vivere, come quasi tutti qui a Narda.» Poi si accigliò. «Che tipo di merci avete? Le pecore sono state già tosate, e non ci sono ancora raccolti pronti.»
«Un po' di questo, un po' di quello» disse Horst, lanciando una moneta di rame al lavoratore.
L'uomo intascò la moneta con una strizzatina d'occhio. «Ben detto, signore. Un po' di questo, un po' di quello. Sento puzza di bruciato, ma non dovete aver timore del vecchio Ulric: acqua in bocca! Ci vediamo, signori.» E si allontanò fischiettando.
Continuando a fare domande, scoprirono che Clovis non era al porto. Grazie alle indicazioni ottenute, si diressero verso casa sua, all'altro capo di Narda, dove arrivarono dopo una buona mezz'ora e trovarono Clovis intento a piantare bulbi di iris sul vialetto di accesso. Era un uomo tarchiato con le guance bruciate dal sole e la barba sale e pepe. Impiegarono un'altra ora per convincere il marinaio di essere seriamente interessati alle sue chiatte, malgrado la stagione, e infine tornarono tutti alle rimesse, dove l'uomo aprì il lucchetto delle porte e mostrò loro tre barconi identici, la Merrybell, la Edeline e la Cinghiale Rosso.
Ogni chiatta era lunga settantacinque piedi e larga venti, verniciata di rosso ruggine. Avevano i ponti scoperti che si potevano coprire con la tela cerata, un albero che si poteva innalzare al centro con una singola vela quadra, e una tuga con le cabine sulla parte posteriore dell'imbarcazione, o poppa, come la chiamò Clovis.
«Hanno un pescaggio maggiore rispetto alle chiatte fluviali» spiegò Clovis, «perciò non dovete temere di capovolgervi col mare grosso, anche se sarà meglio evitare una vera tempesta. Queste chiatte non sono fatte per il mare aperto, ma per navigare sotto costa. E questo è il periodo peggiore per prendere il mare. Parola mia, è un mese ormai che scoppia un temporale ogni pomeriggio.»
«Hai un equipaggio per tutte e tre?» chiese Roran.
«Be', sapete... c'è un problema. La maggior parte degli uomini che di solito ingaggio sono partiti settimane fa per la caccia alle foche. Dato che mi servono soltanto dopo il raccolto, sono liberi di andare e venire come vogliono per il resto dell'anno... Sono sicuro che voi gentiluomini comprenderete la mia posizione.» Clovis abbozzò un sorriso, poi fece scorrere lo sguardo da Roran a Horst e a Baldor, come se non sapesse a chi rivolgersi.
Roran percorse tutta la lunghezza della Edeline, in cerca di danni. La chiatta era vecchia, ma il legno era sano e la vernice fresca. «Se rimpiazziamo gli uomini dell'equipaggio che mancano, quanto ci verrà a costare arrivare a Teirm con tutte e tre le chiatte?»
«Dipende» rispose Clovis. «I marinai guadagnano quindici monete di rame al giorno, più il cibo e una razione di whisky. Quello che guadagnano i vostri uomini è affar vostro. Non li metto sulla mia lista paga. Di norma, assumo anche delle guardie per ciascuna chiatta,
ma sono...»
«Andati a caccia di foche, certo» tagliò corto Roran. «Penseremo noi anche alle guardie.»
Il pomo della gola abbronzata di Clovis sussultò. «Questo mi sembra ragionevole... perciò, vediamo... oltre alla paga dell'equipaggio, chiedo duecento corone, più un indennizzo per eventuali danni alle chiatte da parte dei vostri uomini, più... come armatore e capitano... il dodici percento dei proventi della vendita del carico.»
«Non ci saranno proventi.»
Questo, più di ogni altra cosa, parve innervosire Clovis. Si massaggiò la fossetta del mento con il pollice sinistro, fece per parlare due volte, s'interruppe, e alla fine disse: «In questo caso, altre quattrocento corone alla fine del viaggio. Se posso permettermi... cosa trasportate?»
L'abbiamo spaventato, pensò Roran. «Bestiame.»
«Ossia pecore, mucche, cavalli, capre, buoi...»
«Abbiamo un vasto assortimento di animali.»
«E perché volete portarli a Teirm?»
«Abbiamo le nostre buone ragioni.» Roran quasi sorrise davanti alla confusione di Clovis. «Prenderesti in considerazione l'idea di navigare oltre Teirm?»
«No! Teirm è il limite massimo. Non conosco le acque più avanti, né voglio stare troppo tempo lontano da mia moglie e mia figlia.»
«Quando potresti essere pronto?»
Clovis esitò e spostò il peso da un piede all'altro. «Direi fra cinque, sei giorni... No, meglio fra una settimana; ho degli affari da sbrigare prima di partire.»
«Ti pagheremo altre dieci corone se partiremo dopodomani.»
«Non...»
«Dodici corone.»
«E sia. Dopodomani» accettò Clovis. «In un modo o nell'altro, sarò pronto.»
Facendo scorrere la mano sul parapetto della chiatta, Roran annuì senza guardare Clovis e disse: «Posso avere un minuto per discutere con i miei soci da solo?»
«Ma certo. Andrò a fare una camminata sul molo finché non avrete finito.» Clovis si affrettò verso la porta della rimessa. Sulla soglia si fermò a chiedere: «Devi scusarmi, ma come hai detto che ti chiami? Temo mi sia sfuggito prima, e la mia memoria a volte è terribile.»
«Fortemartello. Mi chiamo Fortemartello.»
«Ah, certo. Bel nome.»
Quando la porta si chiuse, Horst e Baldor si avvicinarono a Roran. Baldor disse: «Non possiamo permetterci di ingaggiarlo.»
«Non possiamo permetterci di non ingaggiarlo» replicò Roran. «Non abbiamo l'oro per comprarci le chiatte, né mi sognerei di imparare a governarle da solo quando la vita di tutti dipende da questo. Sarà più rapido e più sicuro pagare un equipaggio.»
«Resta sempre troppo costoso» disse Horst.
Roran tamburellò con le dita sul parapetto. «Possiamo pagare la cifra iniziale di duecento corone. Una volta raggiunta Teirm, suggerisco o di rubare le chiatte e sfruttare quanto avremo imparato durante il viaggio, o di neutralizzare Clovis e i suoi uomini finché non saremo in grado di fuggire con altri mezzi. In questo modo, eviteremo di pagare le altre quattrocento corone e le paghe dei marinai.»
«Mi ripugna l'idea di ingannare un uomo onesto» disse Horst. «Mi si rivolta lo stomaco.»
«Nemmeno a me va a genio, ma quale alternativa abbiamo?»
«Come farai a imbarcare tutto il villaggio sulle chiatte?»
«Diremo a Clovis di fermarsi un miglio più a sud, lungo la costa, lontano da Narda.»
Horst sospirò. «D'accordo, faremo così, ma mi resta l'amaro in bocca. Baldor, va' a chiamare Clovis, e concludiamo questo accordo.»
Quella sera gli abitanti del villaggio si radunarono intorno a un piccolo falò per Accovacciato a terra, Roran fissava le braci pulsanti mentre ascoltava Gertrude e ascoltare le novità da Narda. i tre fratelli raccontare le loro avventure separate. La notizia dei manifesti di Roran ed Eragon suscitò mormorii di apprensione nel gruppo. Quando Darmen ebbe finito, Horst prese il suo posto e, con frasi brevi e concise, riferì della mancanza di navi adeguate a Narda, di come il portuale li avesse indirizzati verso un certo Clovis, e dell'accordo che avevano stretto con quest'ultimo. Ma nel momento in cui pronunciò la parola chiatte, le voci irate e scontente dei compaesani si levarono a coprire la sua.
Facendosi largo fino alla prima fila, Loring alzò le braccia per richiamare l'attenzione. «Chiatte?» disse il calzolaio. «Chiatte? Non vogliamo delle schifosissime chiatte!» Sputò per terra, mentre gli altri approvavano a gran voce. «Silenzio, tutti quanti!» esclamò Delwin. «Ci sentiranno, se continuiamo così.» Quando il crepitio delle fiamme fu l'unico suono udibile, continuò con voce più sommessa: «Sono d'accordo con Loring. Le chiatte sono inaccettabili. Sono lente e vulnerabili. E staremo pigiati come sardine, senza un minimo di intimità, ed esposti alle intemperie per chissà quanto tempo. Horst, Elain è incinta di sei mesi. Non puoi aspettarti che lei e i malati restino sotto il sole cocente per settimane e settimane.»
«Possiamo stendere tele cerate sui ponti» replicò Horst. «Non sarà molto, ma servirà a proteggerci dal sole e dalla pioggia.»
La voce di Brigit si levò sul brusìo della folla. «A me preoccupa qualcos'altro.» La gente si fece da parte per farla passare. «Con le duecento corone che dobbiamo a Clovis, e il denaro che Darmen e i suoi fratelli hanno speso, saremo praticamente al verde. Al contrario di quelli che abitano in città, la nostra ricchezza non consiste in oro, ma in proprietà e bestiame. Le nostre proprietà le abbiamo perdute, e ci restano pochi animali. Se anche diventassimo pirati e rubassimo quelle chiatte, come potremo rifornirci di altri viveri a Teirm o comprarci un passaggio per il sud?» «La cosa importante» borbottò Horst «è arrivare a Teirm. Una volta lì, ci preoccuperemo di come fare... Forse dovremo ricorrere a misure più drastiche.»
Il volto ossuto di Loring si trasformò in una massa di rughe. «Drastiche? Che intendi per drastiche? Siamo già stati drastici. Tutta questa avventura è drastica. Non m'importa quello che dici; non salirò su quelle dannate chiatte, non dopo quello che abbiamo passato sulla Grande Dorsale. Le chiatte sono fatte per trasportare granaglie e animali. Noi vogliamo una nave con cabine e cuccette dove dormire comodi. Perché non aspettiamo un'altra settimana e vediamo se arriva una vera nave da ingaggiare per il viaggio? Che male c'è? Oppure, perché non...» Continuò a concionare per altri quindici minuti, ammassando una quantità di obiezioni prima di cedere a Thane e Ridley, che esposero i loro argomenti. La conversazione si interruppe quando Roran allungò le gambe e si erse in tutta la sua statura, riducendo il villaggio al silenzio con la sua presenza soltanto. I compaesani attesero, col fiato sospeso, sperando in un altro dei suoi discorsi visionari.
«O così, o proseguiamo a piedi» disse.
Poi andò a dormire.
Il martello torna a colpire
La luna era alta nel firmamento stellato quando Roran uscì dalla tenda che condivideva con Baldor, camminò fino ai margini dell'accampamento e diede il cambio ad Albriech.
«Niente da riferire» sussurrò Albriech, poi si allontanò.
Roran incordò l'arco e piantò tre frecce nel terreno molle, a portata di mano, poi si avvolse in una coperta e si rannicchiò appoggiato a un masso lì vicino. La posizione gli consentiva una visuale completa delle colline buie. Com'era sua abitudine, Roran suddivise il panorama in quadranti, esaminando ciascuno per un minuto intero, attento a qualsiasi movimento o sprazzo di luce che potesse tradire la presenza del nemico. Ma la sua mente cominciò a vagare, saltando da un soggetto all'altro con la logica appannata dei sogni, distraendolo dal suo compito. Si morse l'interno della guancia per costringersi a recuperare la concentrazione. Restare sveglio era difficile, con quel clima mite... Roran era contento che la sorte non gli avesse assegnato uno dei due turni di guardia che precedevano l'alba, perché non davano l'opportunità di recuperare il sonno perduto e ci si sentiva stanchi per tutto il giorno. Un'improvvisa folata di vento lo fece rabbrividire; si sentì formicolare le orecchie e rizzare i capelli sul collo, pervaso da un presagio di malvagità che lo spaventò, cancellando ogni altro pensiero, tranne la convinzione che lui e il resto del villaggio erano in mortale pericolo. Tremava come
se avesse la febbre, il cuore gli martellava nel petto, e dovette resistere all'impulso di mettersi a correre. Che cosa mi succede? Gli costò uno sforzo immane persino incoccare una freccia.
A est, un'ombra si staccò dall'orizzonte. Visibile soltanto come uno spazio vuoto fra le stelle, si spostò lenta come un velo strappato fino a coprire la luna, dove si fermò, librandosi sospesa. Illuminate da dietro, Roran riconobbe le ali translucide di una delle cavalcature dei Ra'zac.
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