Volodyk - Paolini2-Eldest
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Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание
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Una mattina, mentre si teneva stretto a una delle punte sul suo collo, Eragon disse: Ho trovato un nuovo nome per il dolore.
Quale sarebbe?
L'Obliatore. Perché quando soffri, non esiste nient'altro. Nessun pensiero. Nessuna emozione. Soltanto il bisogno di sfuggire al dolore. Quando è abbastanza forte, l'Obliatore ci priva di tutto ciò che ci rende quello che siamo, finché non siamo ridotti a creature inferiori agli animali, creature con un solo desiderio e un solo scopo: fuggire. Un nome appropriato.
Sto crollando, Saphira, come un vecchio cavallo che ha arato troppi campi. Devi sostenermi con la tua mente, altrimenti rischio di perdermi e dimenticare chi sono.
Non ti lascerò mai.
Quel giorno, Eragon fu colto da tre attacchi consecutivi mentre duellava con Vanir, e altri due durante la Rimgar. Mentre si scioglieva dal gomitolo in cui si era contratto, Oromis disse: «Di nuovo, Eragon. Devi perfezionare l'equilibrio.»
Eragon scosse il capo e sottovoce ringhiò: «No.» Incrociò le braccia per nascondere il tremito.
«Cosa?»
«No.»
«Alzati, Eragon, e riprova.»
«No! Fallo tu, se vuoi. Io ci rinuncio.»
Oromis s'inginocchiò al suo fianco e gli posò una mano fresca sulla guancia. Lo guardò con tanta tenerezza che Eragon capì la profonda compassione che l'elfo nutriva per lui e seppe che, se possibile, Oromis si sarebbe volentieri fatto carico del suo dolore per alleviargli il tormento. «Non abbandonare la speranza» gli disse. «Mai.» A un tratto, Eragon ebbe la sensazione di ricevere un flusso di energia da parte del vecchio elfo. «Siamo Cavalieri. Ci troviamo fra la luce e la tenebra, e siamo noi a mantenere l'equilibrio fra le due. L'ignoranza, la paura, l'odio: sono questi i nostri nemici. Respingili con tutte le tue forze, Eragon, altrimenti perderemo.» Si alzò e tese una mano a Eragon. «Ora alzati, Ammazzaspettri, e dimostra di saper controllare gli istinti della carne!»
Eragon trasse un profondo respiro e si appoggiò su un braccio per alzarsi, facendo una smorfia. Piegò le gambe sotto di sé, fece una pausa, poi si erse in tutta la sua statura e guardò Oromis negli occhi.
L'elfo annuì.
Eragon rimase in silenzio finché non ebbero completato la Rimgar, e mentre si lavava nel ruscello, disse: «Maestro.» «Sì, Eragon?»
«Perché devo sopportare questa tortura? Tu potresti usare la magia per darmi le capacità che mi servono, per plasmare il mio corpo come fai con gli alberi e le piante.»
«Potrei, ma se lo facessi, tu non capiresti come possiedi il corpo che hai e le tue capacità, né come mantenerle. Non esistono scorciatoie per il cammino che hai intrapreso, Eragon.»
L'acqua fredda si chiuse intorno al corpo di Eragon quando si immerse nella corrente. Infilò la testa sotto la superficie, aggrappandosi a uno scoglio per non farsi trasportare via, e rimase a fare il morto a galla, sentendosi come una freccia che fila nell'acqua.
Narda
Roran si appoggiò su un ginocchio e si grattò la nuova barba, intento a osservare Narda sotto di lui. La cittadina era scura e compatta, come una crosta di pane di segala incastrata in una rientranza della costa. Più in là, il mare violetto scintillava sotto gli ultimi raggi del sole morente. L'acqua lo affascinava; era così diversa dal panorama a cui era abituato.
Ce l'abbiamo fatta.
Scendendo dal promontorio, Roran tornò verso la sua tenda, inspirando l'aria salmastra a pieni polmoni. Si erano accampati in alto, sulle colline ai piedi della Grande Dorsale, per evitare di essere scorti da chiunque potesse allertare l'Impero.
Mentre camminava fra i gruppi di compaesani assiepati sotto gli alberi, Roran studiò le loro condizioni con dolore e rabbia. Il lungo viaggio dalla Valle Palancar li aveva lasciati esausti, laceri e malati; i loro volti erano scavati per la carenza di cibo; i loro vestiti erano ridotti a brandelli. Molti si erano fasciati le mani di stracci per proteggerle dal gelo delle dure notti montane. Settimane di trasporto di carichi pesanti avevano incurvato schiene un tempo orgogliosamente diritte. La vista peggiore erano i bambini: magri, e tranquilli in modo innaturale. Meritano di meglio, pensò Roran. Sarei nelle grinfie dei Ra'zac, ora, se non mi avessero protetto. Erano molti quelli che si avvicinavano a lui, in cerca soltanto
di una pacca sulle spalle o una parola di conforto. Alcuni gli offrivano avanzi di cibo, che lui rifiutava o che, quando insistevano, prendeva per dare a qualcun altro. Quelli che si tenevano a distanza, lo fissavano con occhi spenti e infossati. Sapeva quello che dicevano di lui, che era pazzo, che era posseduto dagli spiriti, che nemmeno i Ra'zac avrebbero potuto sconfiggerlo in battaglia.
Valicare la Grande Dorsale si era rivelato più arduo di quanto si era aspettato. Gli unici sentieri nella foresta erano piste di caccia, troppo strette, ripide e tortuose per il folto gruppo. Così si erano visti costretti ad aprirsi la strada a colpi di accetta fra alberi e cespugli, un compito gravoso che non piaceva a nessuno, se non altro perché rendeva più facile all'Impero rintracciarli. L'unico vantaggio della situazione fu che l'esercizio fisico aiutò Roran a recuperare l'uso della spalla ferita, anche se aveva ancora qualche problema ad alzare completamente il braccio.
Altri ostacoli si erano presentati lungo il percorso. Una bufera improvvisa li aveva sorpresi su un valico brullo, troppo alto perché vi crescesse la vegetazione. Tre persone erano morte assiderate nella neve: Hida, Brenna e Nesbit, tutti piuttosto avanti negli anni. Quella notte, per la prima volta, Roran aveva avuto la certezza che tutto il villaggio sarebbe morto per averlo seguito. Subito dopo, un ragazzo si era fratturato un braccio in una caduta, e poi Southwell era annegato in un torrente di montagna. Lupi e orsi avevano attaccato regolarmente il bestiame, incuranti dei falò che i contadini avevano cominciato ad accendere una volta lontani dalla Valle Palancar e dai maledetti soldati di Galbatorix. La fame li aveva tormentati come un parassita tenace, artigliando le loro viscere, divorando la loro forza ed erodendo la loro volontà di proseguire.
Eppure erano sopravvissuti, mostrando la stessa ostinazione e la stessa tenacia dei loro antenati, che erano rimasti nella Valle Palancar nonostante le carestìe, le guerre e le pestilenze. La gente di Carvahall poteva anche impiegare un secolo a prendere una decisione, ma quando lo faceva, niente poteva fermarla.
Ora che avevano raggiunto Narda, l'accampamento era pervaso da un senso di realizzazione e di speranza. Nessuno sapeva cosa li aspettava, ma il fatto di essere arrivati così lontano ispirava loro fiducia.
Non saremo al sicuro finché non lasceremo l'Impero, pensò Roran. E dipende da me garantire l'incolumità di ciascuno di noi. Sono diventato responsàbile dell'intera comunità... Una responsabilità che accettava volentieri, perché gli permetteva sia di proteggere i compaesani da Galbatorix, sia di perseguire il suo obiettivo: 'salvare Katrina. È passato tanto tempo da quando è stata catturata. Sarà ancora viva? Rabbrividì e scacciò quel pensiero terribile. Sarebbe impazzito sul serio se si fosse permesso di indugiare sulla sorte di Katrina.
All'alba, Roran, Horst, Baldor, i tre figli di Loring e Gertrude si avviarono verso Narda. Scesero dalle colline sulla strada maestra, attenti non farsi vedere finché l'impressione di respirare sott'acqua. Roran strinse la presa sul martello che sorvegliavano l'ingresso. Esaminarono il gruppo di Roran con sguardi severi, indugiando sui loro abiti laceri, poi
non emersero sul viale. In pianura, l'aria era più densa; Roran aveva
portava alla cintura avvicinandosi ai cancelli della città. Due soldati abbassarono le asce da guerra e sbarrarono l'accesso.
«Da dove venite?» chiese l'uomo a destra. Non poteva avere più di venticinque anni, ma i suoi capelli erano completamente bianchi.
Gonfiando il petto, Horst incrociò le braccia e disse: «Dalle parti di Teirm, se non ti dispiace.»
«Che cosa siete venuti a fare?»
«Commercio. Siamo stati mandati dai bottegai che vogliono comprare merci direttamente da Narda, invece che attraverso i soliti mercanti.»
«Tu dici, eh? E che tipo di merci?»
Quando Horst esitò, Gertrude disse: «Erbe e medicine, per quanto mi riguarda. Le piante che ho ricevuto da qui o erano troppo vecchie, o ammuffite. Ho bisogno di scorte fresche.»
«I miei fratelli e io» intervenne Darmen «siamo venuti a trattare con i vostri calzolai. Le scarpe fatte in stile nordico vanno di moda a Dras-Leona e Urù'baen.» Sogghignò. «Almeno lo erano quando ci siamo messi in marcia.» Horst annuì con rinnovata fiducia. «Già. E io sono qui per comprare ferro vecchio per il mio padrone.» «Capisco. E quello lì? Tu perché sei venuto?» chiese il soldato, indicando Roran con l'ascia.
«Ceramiche» rispose Roran.
«Ceramiche?»
«Ceramiche.»
«A che ti serve il martello, allora?»
«Come pensi che si ottenga l'effetto screpolato su una bottiglia o su un vaso? Non viene mica da solo. Devi colpirli.» Roran ricambiò lo sguardo incredulo dell'uomo canuto con un'espressione l'affermazione.
Il soldato borbottò e fece di nuovo scorrere lo sguardo su tutti loro. «Sarà pure, commercianti. Gatti randagi morti di fame, direi piuttosto.»
«Abbiamo avuto difficoltà per la strada» disse Gertrude.
«Può darsi. Ma se venite da Teirm, dove sono i vostri cavalli?»
«Li abbiamo lasciati all'accampamento» rispose Hamund, facendo un vago cenno verso sud, la direzione opposta rispetto a dove si erano nascosti gli abitanti del villaggio.
«Non avete soldi per alloggiare in città, eh?» Con una risatina di scherno, il soldato alzò l'ascia e fece cenno al compagno di fare altrettanto. «D'accordo, passate pure, ma non voglio problemi, altrimenti vi rispediamo da dove siete venuti, o peggio.»
Una volta superato il cancello, Horst spinse Roran contro un muro e gli ringhiò nell'orecchio: «Ma che razza di stupidaggini vai dicendo? Fare le screpolature a furia di martellate! Cerchi rogne? Non possiamo...» S'interruppe quando Gertrude lo tirò per una manica.
«Guardate» mormorò la guaritrice.
A sinistra dell'ingresso c'era un tabellone per gli avvisi largo sei piedi, con una piccola tettoia a spiovente per proteggere la pergamena ingiallita. Metà del tabellone era dedicato ad avvisi ufficiali e proclami. Sull'altra metà erano affissi manifesti che ritraevano la faccia di vari criminali. In primo piano campeggiava un disegno di Roran senza barba. Sconvolto, Roran si guardò intorno per assicurarsi che nessuno per la strada fosse abbastanza vicino da confrontare la sua faccia con l'illustrazione, poi rivolse la sua attenzione alla pergamena. Si era aspettato che l'Impero li inseguisse, ma fu lo stesso terribile averne la prova. Galbatorix sta spendendo una fortuna nel tentativo di acciuffarci. Quando erano sulla Grande Dorsale, era stato facile dimenticare che esisteva il mondo esterno. Scommetto che manifesti del genere sono affissi in tutto l'Impero. Sogghignò, contento di essersi fatto crescere la barba, e che lui e gli altri avessero deciso di adottare nomi fittizi finché restavano a Narda.
In fondo al manifesto era scritta la ricompensa. Garrow non aveva mai insegnato a leggere a Roran ed Eragon, ma aveva insegnato loro i numeri perché, diceva: "Dovete sapere quanto avete, quanto vale, e quanto vi viene pagato, per non farvi imbrogliare da qualche furfante senza scrupoli". Così Roran vide che l'Impero offriva diecimila corone per la sua cattura, abbastanza per vivere comodamente per diversi decenni. In un certo senso perverso, l'entità della ricompensa lo inorgoglì, facendolo sentire importante.
Poi il suo sguardo si spostò sul manifesto accanto.
Eragon.
Roran si sentì attanagliare le viscere come se lo avessero colpito, e per qualche secondo si dimenticò di respirare. Allora è vivo!
Dopo un primo momento di sollievo, Roran sentì montare l'antica rabbia per il ruolo che Eragon aveva avuto nella morte di Garrow e nella distruzione della fattoria, accompagnata da un cocente desiderio di sapere perché l'Impero dava la caccia a Eragon. Deve avere a che fare con quella pietra blu e la prima visita dei Ra'zac a Carvàhall. Ancora una volta, Roran si domandò in quale tipo di oscura macchinazione lui e il resto del villaggio erano rimasti implicati. Invece di una ricompensa, sul poster di Eragon c'erano due righe di rune. «Di quale crimine è accusato?» chiese Roran a Gertrude.
La pelle intorno agli occhi di Gertrude s'increspò, mentre aguzzava la vista per leggere. «Alto tradimento, per tutti e due. Dice che Galbatorix assegnerà una contea a chiunque catturi Eragon, ma coloro che ci proveranno devono stare attenti perché è molto pericoloso.»
Roran sbattè le palpebre, incredulo. Eragon? Gli sembrava inconcepibile, finché Roran non considerò come lui stesso era cambiato nelle ultime settimane. Lo stesso sangue scorre nelle nostre vene. Eragon potrebbe aver compiuto chissà quali imprese da quando è fuggito.
vacua, sfidandolo a confutare
ma a me non sembrate proprio A bassa voce, Baldor disse: «Se uccidere gli uomini di Galbatorix e sconfiggere i Ra'zac ti fa valere appena diecimila corone, cosa può aver fatto per valere una contea?»
«Forse ha fregato il re in persona» suggerì Lame.
«Basta così» disse Horst. «Tenete a freno la lingua, o finiremo nei guai. E tu, Roran, non attirare l'attenzione su di te. Con una ricompensa del genere, la gente non farà altro che osservare gli stranieri per trovare qualcuno che corrisponda alla tua descrizione.» Passandosi una mano fra i capelli, Horst si tirò su la cinta e aggiunse: «Bene. Abbiamo del lavoro da fare. Tornate qui a mezzogiorno a riferire.»
A quel punto, il gruppo si divise in tre. Darmen, Lame e Hamund andarono in cerca di cibo per i compagni, sia per l'immediato consumo che per il prossimo tratto di viaggio. Gertrude - come aveva detto alla guardia - andò a rifornirsi di erbe, unguenti ed essenze. Roran, Horst e Baldor presero la via del porto, dove speravano di poter noleggiare una nave per trasportare il villaggio nel Surda, o almeno fino a Teirm.
Quando raggiunsero la banchina di legno stagionato che copriva la spiaggia, Roran si fermò per ammirare l'oceano, che era grigio per le nuvole basse e costellato di increspature bianche sollevate da raffiche di vento. Non avrebbe mai immaginato che l'orizzonte potesse essere tanto piatto. Il rimbombo sordo dell'acqua contro i piloni della banchina gli dava la sensazione di stare su un enorme tamburo. L'odore del pesce - fresco, eviscerato, o marcio - sovrastava qualsiasi altro odore.
Spostando lo sguardo da Roran a Baldor, che era ugualmente ammutolito dallo stupore, Horst disse: «Che vista magnifica, eh?»
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