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Volodyk - Paolini2-Eldest

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Название:
Paolini2-Eldest
Автор
Издательство:
неизвестно
ISBN:
нет данных
Год:
неизвестен
Дата добавления:
5 октябрь 2019
Количество просмотров:
97
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Volodyk - Paolini2-Eldest

Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание

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Paolini2-Eldest читать онлайн бесплатно

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Malgrado il sotterfugio, Arya non parve convinta. Tuttavia non insistette e disse invece: «Ne sono lieta.» La voce di Nasuada risuonò dall'interno del padiglione, e Arya scoccò una rapida occhiata alla tenda prima di parlargli ancora. «Si richiede la mia presenza altrove, Eragon... Anche tu devi andare. Ci aspetta una battaglia.» Sollevando i lembi di tela, l'elfa si accinse a entrare, ma si fermò sulla soglia e voltandosi aggiunse: «Abbi cura di te, Eragon Ammazzaspettri.» E scomparve nel padiglione.

Eragon rimase impietrito dallo sconforto. Aveva fatto quello che desiderava, ma sembrava che non fosse cambiato nulla fra lui e Arya. Strinse i pugni e incurvò le spalle, fissando truce il terreno senza vederlo, fremente di delusione. Trasalì quando Saphira gli sfiorò la spalla con il muso. Andiamo, piccolo mio, gli disse lei con dolcezza. Non puoi restare qui per sempre, e questa sella comincia a darmi fastidio.

Eragon cominciò a slegarle la cinghia del collo, imprecando fra i denti quando la fibbia s'incastrò. Sperò quasi che il cuoio si spezzasse. Dopo aver slegato tutte le altre cinghie, lasciò scivolare la sella e il resto per terra. Mi sento meglio senza quella roba addosso, disse Saphira soddisfatta, sciogliendosi le spalle.

Dalle bisacce, Eragon estrasse i vari elementi della sua armatura e li indossò. Per primo indossò l'usbergo sulla tunica elfica, poi si allacciò gli schinieri e i bracciali. In testa si mise la calotta di pelle imbottita, la cuffia di maglia di acciaio temprato, e infine l'elmo d'oro e d'argento. Infine sostituì i consueti guanti di pelle con quelli d'acciaio. Allacciò in vita la cintura di Beloth il Savio, da cui pendeva Zar'roc sul fianco sinistro. Infilò a tracolla la faretra di frecce dal candido impennaggio che gli aveva donato Islanzadi, e scoprì con piacere che poteva contenere anche l'arco che la regina elfica aveva cantato per lui.

Dopo aver depositato i bagagli suoi e di Orik nel padiglione, Eragon e Saphira andarono in cerca di Trianna, l'attuale guida del Du Vrangr Gata. Non avevano fatto che pochi passi quando Eragon percepì una mente vicina che si schermava dalla sua. Immaginando che si trattasse di uno dei maghi dei Varden, si diressero da quella parte. A una decina di iarde di distanza s'imbatterono in una piccola tenda verde, con un asino legato all'ingresso. A sinistra della tenda ribolliva un calderone di ferro annerito appeso a un tripode di metallo collocato su una delle nauseabonde fiamme che scaturivano dalla terra. Intorno al calderone erano tese corde da cui pendevano mazzetti di belladonna, cicuta, rododendro, sabina, corteccia di tasso, e svariati funghi, fra cui l'amanita falloide e l'ovolaccio, tutte piante che Eragon riconobbe grazie alle lezioni di Oromis sui veleni. Dietro il calderone, intenta a rimestare con un lungo ramaiolo di legno, c'era Angela l'erborista. Ai suoi piedi era acciambellato Solembum.

Il gatto mannaro emise un lugubre miagolio, e Angela alzò gli occhi dall'intruglio fumante, i riccioli neri che le incorniciavano il volto sudato come nuvole tempestose.

Aggrottò la fronte e la sua espressione divenne veramente spettrale, illuminata dal basso dalla tremolante fiamma verde. «E così siete tornati, eh?»

«Siamo tornati» disse Eragon.

«Non hai altro da dire? Hai già incontrato Elva? Hai visto cos'hai fatto a quella povera bambina?» «Sì.»

«Sì!» esclamò Angela. «Fin dove può arrivare l'incapacità di esprimersi di una persona? Tutto questo tempo passato a Ellesméra a farti addestrare dagli elfi, e "Sì" è il massimo che riesci a dire? Lascia che ti dica una cosa, zuccone: chiunque sia abbastanza stupido da fare quello che hai fatto merita di...»

Eragon si strinse le mani dietro la schiena, e aspettò paziente che Angela lo informasse, in termini quanto mai espliciti, dettagliati e coloriti, di che razza di zuccone fosse; che i suoi antenati dovevano essere dei trogloditi per aver generato il colossale zuccone che era - arrivò addirittura a insinuare che uno dei suoi nonni doveva essersi accoppiato con una Urgali; e delle punizioni mai abbastanza atroci che uno zuccone come lui si meritava per una tale idiozia. Se qualunque altra persona lo avesse insultato a quel modo, Eragon l'avrebbe sfidata a duello senza pensarci due volte, ma tollerò il fiume di bile che l'indovina gli vomitò addosso perché sapeva di non poter giudicare il suo comportamento secondo i normali criteri, e perché sapeva che la sua collera era più che giustificata: aveva commesso un terribile errore. Quando Angela s'interruppe per riprendere fiato, Eragon disse: «Hai ragione, e cercherò di annullare l'incantesimo quando la battaglia sarà decisa.»

Angela battè le palpebre tre volte, in rapida successione, mentre la sua bocca restò aperta per un secondo in un muto "Oh", prima di richiudersi di scatto. Con un'occhiataccia torva, gli chiese: «Non lo stai dicendo solo per rabbonirmi, vero?»

«Non lo farei mai.»

«E sul serio intendi annullare la tua maledizione? Credevo che incantesimi del genere fossero irrevocabili.» «Gli elfi hanno scoperto molti modi per usare la magia.»

«Ah... D'accordo, allora, la questione è risolta.» Gli concesse un ampio sorriso, poi lo superò per avvicinarsi a Saphira e accarezzarla sul muso. «È bello rivederti, Saphira. Sei cresciuta.»

Anch'io sono contenta, Angela.

Quando l'indovina tornò a mescolare la sua brodaglia, Eragon disse: «Che sermone impressionante, Angela.» «Ti ringrazio. Ci ho lavorato per diverse settimane. È un peccato che non sia arrivata al finale: è memorabile. Ti andrebbe di sentirlo?»

«No, grazie, mi è bastato così. Il resto me lo immagino.»

Guardandola di sottecchi, Eragon aggiunse: «Non sembri sorpresa di vedere quanto sono cambiato.» L'erborista si strinse nelle spalle. «Ho le mie fonti. È un miglioramento, a mio avviso. Prima eri... oh, come dire?... incompiuto.»

«Già.» Eragon indicò le piante. «A cosa ti servono?»

«Oh, una cosuccia che ho in mente... diciamo una specie di esperimento.»

«Mmm.» Esaminando le sfumature verdastre sul cappello rossiccio di un fungo, Eragon chiese: «Hai poi scoperto se i rospi esistono o no?»

«Ebbene, sì! A quanto pare, tutti i rospi sono rane, ma non tutte le rane sono rospi. Perciò in quel senso i rospi non esistono, il che significa che ho sempre avuto ragione.» Interruppe le sue farneticazioni, si chinò da un lato e prese una tazza dalla panca accanto a lei per offrirla a Eragon. «Gradisci una tazza di té?»

Eragon scoccò un'occhiata alle piante mortali appese a seccare intorno a loro, poi guardò di nuovo il volto cordiale di Angela. Sottovoce, per non farsi sentire dall'erborista, mormorò tre formule per individuare i veleni. Una volta sicuro che il té non era contaminato, osò bere un sorso. Era delizioso, anche se non riuscì a identificarne gli ingredienti. Intanto Solembum si era avvicinato a Saphira e inarcando la schiena aveva cominciato a strusciarsi contro la sua zampa, come avrebbe fatto un gatto qualsiasi. Spostando il collo, Saphira si chinò ad accarezzare il dorso del gatto mannaro col muso. A Ellesméra, disse lei, ho incontrato qualcuno che ti conosce.

Solembum smise di strusciarsi e inclinò la testa da un lato. Davvero?

Sì. Si chiamava Zampalesta oppure la Danzatrice dei Sogni, e anche Maud.

Solembum sgranò gli occhi dorati. Cominciò a fare le fusa, e riprese a strofinarsi contro Saphira con rinnovato entusiasmo.

«E così» disse Angela «immagino che tu abbia già parlato con Nasuada, Arya e re Orrin.» Eragon annuì. «E che ne pensi del buon vecchio Orrin?»

Eragon scelse le parole con cura, ben sapendo che stavano parlando di un re. «Be'... a quanto pare coltiva molti interessi.»

«Già, è più matto di un matto ubriaco alla vigilia della Notte di Mezza Estate. Ma d'altro canto, chi più chi meno, lo siamo un po' tutti.»

Divertito di fronte a tanta schiettezza, Eragon disse: «Effettivamente dev'essere matto per aver trasportato tutti quei vetri da Aberon fin qui.»

Angela inarcò un sopracciglio. «Che vuoi dire?»

«Non sei stata nella sua tenda?»

«A differenza di certa gente» dichiarò lei, tirando su col naso, «io non cerco di ingraziarmi ogni testa coronata che incontro.» E così Eragon le descrisse la moltitudine di delicati strumenti che Orrin si era portato sulle Pianure Ardenti. Angela smise di mescolare mentre lui parlava, ascoltando con interesse sempre maggiore. Nell'istante in cui lui finì, l'indovina cominciò ad affannarsi intorno al calderone, raccogliendo i mazzetti di piante e usando a volte delle pinze per farlo, e disse: «Credo sia opportuno che vada a fare una visitina a Orrin. Voi due mi racconterete del vostro viaggio a Ellesméra un'altra volta... Be', che aspettate? Vi saluto!»

Eragon scosse il capo mentre la donna minuta li incitava ad allontanarsi dalla tenda. Lui aveva ancora la tazza in mano. Parlare con lei è sempre...

Strano? suggerì Saphira.

Esatto.

Nubi di guerra

Dalla tenda di Angela impiegarono quasi mezz'ora per individuare quella di Trianna, che evidentemente fungeva da quartier generale del Du Vrangr Gata. Ebbero difficoltà a trovarla, perché poche persone sapevano della sua esistenza, e ancora meno sapevano dove fosse, visto che era nascosta dietro un affioramento di roccia che serviva da baluardo contro gli sguardi degli stregoni nemici al servizio di Galbatorix.

Mentre Eragon e Saphira si avvicinavano alla grande tenda nera, i lembi dell'ingresso si sollevarono di colpo, e Trianna uscì spedita, le braccia alzate, nude fino ai gomiti, pronta a usare la magia. Alle sue spalle veniva un gruppo di stregoni dall'aria risoluta, anche se lievemente spaventata; Eragon ne aveva già visti molti nel Farthen Dùr, impegnati a combattere o a curare i feriti.

Eragon guardò Trianna e gli altri reagire sorpresi davanti al suo aspetto alterato. Abbassando le braccia, Trianna disse: «Ammazzaspettri, Saphira. Avreste dovuto avvertirci prima che eravate qui. Ci stavamo preparando a combattere quello che pensavamo un nemico formidabile.»

«Non intendevo turbarvi» disse Eragon, «ma dovevamo prima presentarci da Nasuada e re Orrin.» «E perché adesso ci onori della tua graziosa presenza? Non ci hai mai degnato di una visita, noi che siamo i tuoi più stretti fratelli fra i Varden.»

«Sono venuto ad assumere il comando del Du Vrangr Gata.»

L'assemblea di stregoni fu percorsa da un mormorio di meraviglia al suo annuncio, e Trianna s'irrigidì. Eragon sentì che alcuni maghi cercavano di sondare la sua coscienza, nel tentativo di capire le sue reali intenzioni. Invece di difendersi un gesto che lo avrebbe reso cieco a eventuali attacchi - Eragon rispose trapassando le menti degli intrusi abbastanza da costringerli a ritirarsi dietro le loro barriere. Ebbe anche la soddisfazione di vedere due uomini e una donna fare una smorfia e abbassare lo sguardo.

«Per ordine di chi?» chiese Trianna.

«Per ordine di Nasuada.»

«Ah» disse la maga con un sorriso di trionfo, «ma Nasuada non ha alcuna autorità su di noi. Noi aiutiamo i Varden di nostra spontanea volontà.»

La sua resistenza sconcertò Eragon. «Sono sicuro che Nasuada sarebbe sorpresa nel sentirlo, dopo tutto quello che lei, e suo padre, hanno fatto per il Du Vrangr Gata. Potrebbe avere l'impressione che non desideriate più il sostegno e la protezione dei Varden.» Lasciò che la velata minaccia aleggiasse per qualche istante sul gruppo. «E poi mi pare di ricordare che proprio tu mi hai proposto questo incarico, una volta. Perché non adesso?»

Trianna inarcò un sopracciglio. «Tu hai rifiutato quella proposta, Ammazzaspettri... o l'hai dimenticato?» Malgrado l'espressione composta, Eragon notò dal tono della sua voce che la maga era sulla difensiva, sapendo di non poter sostenere oltre la propria posizione. Gli sembrava più matura di quando si erano incontrati l'ultima volta, ed Eragon si rese conto che aveva dovuto affrontare non poche traversie, dalla marcia fino al Surda all'organizzazione degli stregoni del Du Vrangr Gata ai preparativi per la guerra.

«All'epoca non potevo accettare. Era il momento sbagliato.»

Cambiando tattica all'improvviso, Trianna chiese: «Perché

Nasuada ritiene che dovresti comandarci? Suppongo che tu e Saphira sareste molto più utili altrove.» «Nasuada vuole che sia io a condurre il Du Vrangr Gata nella battaglia imminente, e così farò.» Eragon pensò che fosse meglio evitare di dire che era stata un'idea sua.

Un fosco cipiglio conferì a Trianna un aspetto feroce. Indicò il gruppo alle sue spalle. «Abbiamo dedicato la vita allo studio della nostra arte. Tu conosci la magia da meno di due anni. Che cosa ti rende più qualificato per questo incarico di uno qualsiasi di noi? Non importa. Dimmi, invece: qual è la tua strategia? Come pensi di utilizzarci?» «Il mio piano è semplice» rispose lui. «Unirete le vostre menti per cercare gli stregoni nemici. Nel momento in cui ne individuerete uno, aggiungerò la mia forza alla vostra, e insieme schiacceremo la resistenza del mago. Poi potremo sconfiggere il battaglione ormai privo di difese arcane.»

«E cosa farai il resto del tempo?» «Combatterò con Saphira.»

Dopo un lungo silenzio imbarazzato, uno degli stregoni alle spalle di Trianna disse: «È un buon piano.» L'uomo si fece piccolo piccolo sotto lo sguardo severo della maga.

Lentamente, Trianna si volse a guardare di nuovo Eragon. «Da quando sono morti i Gemelli, ho condotto io il Du Vrangr Gata. Sotto la mia guida, hanno fornito ai Varden i mezzi per sovvenzionare questa guerra, hanno scoperto la Mano Nera, la rete di spie di Galbatorix che ha tentato di assassinare Nasuada, per non parlare di innumerevoli altri servigi. Non è vanagloria se affermo che non sono state imprese facili. E sono certa di poter continuare a ottenere simili risultati... Perché, dunque, Nasuada vuole depormi? In che modo l'ho delusa?»

In quel momento, Eragon ebbe chiara la situazione. Si è abituata al potere e non vuole cederlo. Ma soprattutto, considera la sostituzione come una critica alla sua condotta.

Devi risolvere la questione, e alla svelta, disse Saphira. Ormai ci resta pochissimo tempo.

Eragon si arrovellò in cerca di un modo per ribadire la propria autorità sul Du Vrangr Gata senza alienarsi l'appoggio di Trianna. Infine disse: «Non sono venuto qui per creare problemi. Sono venuto a chiedere aiuto.» Si rivolse a all'intera congregazione, ma guardò dritto negli occhi Trianna. «Sono forte, sì. Saphira e io potremmo probabilmente sconfiggere tutti gli stregoni di Galbatorix. Ma non potremmo proteggere tutti i Varden. Non possiamo essere dappertutto. E se gli stregoni guerrieri di Galbatorix unissero i loro sforzi, anche noi avremmo difficoltà a sopravvivere... Non possiamo combattere questa guerra da soli. Tu hai ragione, Trianna... Hai guidato bene il Du Vrangr Gata, e non sono qui per usurpare il tuo posto. È solo che, in quanto mago, ho bisogno di lavorare col Du Vrangr Gata, e in quanto Cavaliere, ho bisogno di darvi ordini, ordini che devo essere sicuro saranno eseguiti senza obiezioni. È necessario definire una gerarchia di comando. Detto questo, continuerete a mantenere gran parte della vostra autonomia. Il più delle volte sarò troppo impegnato per dedicare la mia attenzione al Du Vrangr Gata. E intendo ricorrere ai vostri consigli, perché so bene che avete molta più esperienza di me... Perciò, vi chiedo ancora una volta: ci aiuterete, per il bene dei Varden?» Trianna esitò, poi chinò il capo. «Certo, Ammazzaspettri... per il bene dei Varden. Sarà un onore averti a capo del Du Vrangr Gata.»


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