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Volodyk - Paolini2-Eldest

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Название:
Paolini2-Eldest
Автор
Издательство:
неизвестно
ISBN:
нет данных
Год:
неизвестен
Дата добавления:
5 октябрь 2019
Количество просмотров:
97
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Volodyk - Paolini2-Eldest

Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание

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Paolini2-Eldest читать онлайн бесплатно

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«I Varden» disse Jeod «saranno più che lieti di accogliervi. Più che lieti. Immagino che tu lo sappia già. Quanto all'aiuto...» Si passò una mano sul lungo volto scavato e guardò, oltre le spalle di Loring, le file di libri sugli scaffali. «Ormai da un anno ho capìto che la mia vera identità, come quella di molti altri mercanti che qui e altrove aiutano i Varden, è stata svelata all'Impero. È per questo che non ho osato fuggire nel Surda. Se avessi tentato, l'Impero mi avrebbe fatto arrestare, e chissà quali orrori avrei dovuto subire... Sono già stato costretto ad assistere alla graduale distruzione della mia compagnia senza poter far niente... E non è tutto: ora che non posso inviare nulla ai Varden, e loro non osano inviare un convoglio, temo che Lord Risthart mi farà mettere in catene e gettare in galera, dato che non sono più d'interesse per l'Impero. Me lo aspetto da un momento all'altro, da quando ho dichiarato bancarotta.» «Può darsi» suggerì Brigit «che vogliano che tu fugga per poter catturare chiunque venga con te.» Jeod sorrise. «Può darsi. Ma ora che siete qui, ho un mezzo per fuggire che non si aspetteranno mai.» «Hai un piano?» chiese Loring.

Il volto di Jeod s'illuminò. «Oh, sì che ce l'ho un piano. Avete visto quella nave ormeggiata in porto, l'Ala di Drago?» Roran ripensò al veliero. «Sì.»

«L'Ala di Drago è di proprietà della Compagnia di Navigazione Blackmoor, un nome di copertura per l'Impero. Trasportano rifornimenti per l'esercito, che di recente si è mobilitato a ritmo vertiginoso, reclutando soldati fra i contadini e confiscando cavalli, asini e buoi.» Jeod inarcò un sopracciglio. «Non sono sicuro di che cosa voglia dire, ma è possibile che Galbatorix intenda marciare sul Surda. A ogni buon conto, l'Ala di Drago partirà per Feinster nel giro di una settimana. È la migliore nave mai costruita, su progetto del maestro d'ascia Kinnell.»

«E tu intendi appropriartene» concluse Roran.

«Esatto. Non solo per sprezzo dell'Impero o perché l'Ala di Drago gode della reputazione di essere la più veloce nave a vele quadre della sua stazza, ma perché è già completamente equipaggiata per un lungo viaggio. E dato che trasporta viveri, ne avremo abbastanza per l'intero villaggio.»

Loring emise una risatina nervosa. «Spero che tu sappia governarla da solo, Gambelunghe, perché nessuno di noi sa manovrare qualcosa di più grosso di una chiatta.»

«Alcuni degli uomini dei miei equipaggi sono ancora a Teirm. Si trovano nella mia stessa posizione, non possono combattere né fuggire. Sono convinto che coglieranno al volo l'occasione di andare nel Surda. Potranno insegnarvi quanto vi occorre sull'Ala di Drago. Non sarà facile, ma non vedo alternative.»

Roran sogghignò. Il piano era come piaceva a lui: astuto, risoluto e inaspettato.

«Hai detto» intervenne Brigit «che durante Tanno passato nessuna delle tue navi, né quelle di altri mercanti che servono i Varden, ha raggiunto la propria destinazione. Allora perché questa missione dovrebbe avere successo là dove tante altre hanno fallito?»

Jeod fu pronto a rispondere. «Perché abbiamo dalla nostra la sorpresa. La legge impone agli armatori delle navi di presentare all'autorità portuale l'itinerario per sottoporlo ad approvazione almeno due settimane prima della partenza. Ci vuole molto tempo per armare una nave, così, se partiamo senza preavviso, ci vorrà più di una settimana prima che Galbatorix riesca a inviare delle navi per intercettarci. Se la fortuna ci assiste, non vedremo che gli alberi di gabbia dei nostri inseguitori. Quindi» proseguì Jeod, «se siete disposti a tentare questa impresa, questo è ciò che dobbiamo fare...»

La fuga

Dopo aver considerato la proposta di Jeod da ogni angolazione possibile, e aver deciso di accettarla, sia pur con qualche modifica, Roran mandò Nolfavrell a chiamare Gertrude e Mandel alla Castagna Verde, dato che Jeod aveva offerto ospitalità a tutto il gruppo.

«Ora, se volete scusarmi» disse Jeod, alzandosi, «devo andare a rivelare a mia moglie quello che non avrei mai dovuto tenerle nascosto, e le chiederò di accompagnarmi nel Surda. Le vostre camere si trovano al primo piano. Rolf vi chiamerà quando sarà pronta la cena.» Incamminandosi a passo lento, uscì dallo studio.

«È prudente lasciarlo parlare con quella megera?» chiese Loring.

Roran si strinse nelle spalle. «Prudente o no, non possiamo fermarlo. E non credo che si sentirà in pace finché non l'avrà fatto.»

Invece di andare nella sua stanza, Roran vagò per la casa, evitando d'istinto i domestici, mentre rifletteva su quanto Jeod aveva detto. Si fermò davanti a un bovindo che affacciava sulle stalle dietro la casa, e si riempì i polmoni d'aria frizzante e fumosa, satura dell'odore familiare del letame.

«Lo detesti?»

Si volse di scatto, sorpreso, e vide la sagoma di Brigit che si stagliava sulla soglia. La donna si strinse lo scialle intorno alle spalle e avanzò.

«Chi?» chiese lui, sapendolo perfettamente.

«Eragon. Lo detesti?»

Roran guardò il cielo che si andava oscurando. «Non lo so. Lo odio perché è stato la causa della morte di mio padre, ma è pur sempre sangue del mio sangue, e per questo gli voglio bene... Suppongo che se non avessi bisogno di lui per salvare Katrina, non vorrei più averci a che fare per un bel pezzo.»

«Come io ho bisogno di te e ti odio, Fortemartello.»

Lui le rivolse un sorriso amaro. «Già, siamo uniti a filo doppio, io e te. Tu devi aiutarmi a trovare Eragon per vendicarti sui Ra'zac della morte di Quimby.»

«E per vendicarmi di te in seguito.»

«Anche questo.» Roran guardò i suoi occhi inflessibili per un istante, riconoscendo il legame che li univa. Provava uno strano conforto nel sapere che condividevano la stessa urgenza, lo stesso fuoco rabbioso che li spronava ad andare avanti dove gli altri esitavano. In lei vedeva uno spirito affine.

Tornando sui suoi passi, Roran si fermò davanti alla sala da pranzo ad ascoltare la cadenza della voce di Jeod. Incuriosito, avvicinò l'occhio allo spiraglio dei cardini. Jeod era di fronte a una donna snella e bionda, che Roran intuì essere Helen.

«Se quanto dici è vero, come puoi pretendere che mi fidi di te?»

«Non lo pretendo» rispose Jeod.

«Eppure mi chiedi di fuggire con te.»

«Una volta mi proponesti di lasciare la tua famiglia e di viaggiare con me senza meta. Mi implorasti di portarti via da Teirm.»

«Una volta. All'epoca pensavo che fossi terribilmente affascinante, con quella tua spada e la tua cicatrice.» «Ce le ho ancora» mormorò lui. «Ho fatto molti errori con te, Helen; soltanto adesso me ne rendo conto. Ma ti amo ancora e non voglio che ti accada nulla di male. Per me non c'è futuro qui. Se resto, provocherò soltanto sofferenze alla tua famiglia. Tu puoi tornare da tuo padre, o venire con me. Fa' quello che ti rende più felice. Tuttavia ti supplico di darmi una seconda opportunità, di avere il coraggio di lasciare questo posto e di liberarti dagli amari ricordi della nostra vita qui. Possiamo ricominciare daccapo nel Surda.»

Lei rimase in silenzio per lungo tempo. «Il giovane che è stato qui è davvero un Cavaliere?»

«Sì. Soffiano i venti del cambiamento, Helen. I Varden sono sul piede di guerra, i nani si stanno ammassando, e perfino gli elfi si muovono nei loro antichi eremi. La guerra è prossima, e se siamo fortunati, anche la caduta di Galbatorix.» «Sei una persona importante fra i Varden?»

«Mi tengono in una certa considerazione per il ruolo che

ho svolto nel rubare l'uovo di Saphira.»

«Allora ti offriranno una posizione di rilievo nel Surda?»

«Immagino di sì.» Le posò le mani sulle spalle, e lei non si sottrasse.

«Jeod, Jeod» mormorò lei, «non mettermi fretta. Non posso decidere così all'istante.»

«Ci penserai, allora?»

Helen rabbrividì. «Sì, ci penserò.»

Roran sentì una fitta di dolore al cuore.

Katrina.

Quella sera a cena, Roran notò che lo sguardo di Helen si posava spesso su di lui, come per studiarlo, prendergli le misure; e confrontarlo, ne era certo, con Eragon.

Dopo mangiato, Roran fece cenno a Mandel di seguirlo, e lo condusse nel cortile alle spalle della casa. «Cosa c'è, Fortemartello?» chiese Mandel.

«Desidero parlarti in privato.»

«Di cosa?»

Roran fece scorrere le dita sulla testa affilata del martello. Si accorse che si sentiva come Garrow, quando suo padre gli dava una lezione di responsabilità; Roran poteva addirittura sentire le stesse frasi che gli premevano in gola. Così avanza la nuova generazione sulla vecchia, pensò. «Ti sei fatto amico certi marinai, ultimamente.» «Non sono nostri nemici» obiettò Mandel.

«Chiunque è nostro nemico, a questo punto. Clovis e i suoi uomini potrebbero tradirci in un batter d'occhio. Non sarebbe un problema, comunque, se frequentarli non ti avesse distolto dai tuoi dovéri.» Mandel s'irrigidì e le guance gli si arrossarono, ma non si svilì agli occhi di Roran negando l'accusa. Compiaciuto, Roran gli chiese: «Qual è la cosa più importante che possiamo fare adesso, Mandel?»

«Proteggere le nostre famiglie.» «Giusto. E cos'altro?»

Mandel esitò, turbato, poi confessò: «Non lo so.»

«Aiutarci l'uno con l'altro. È l'unico modo che abbiamo per sopravvivere. Sono rimasto molto deluso nell'apprendere che ti sei giocato a dadi il cibo con quei marinai, perché questo mette a repentaglio tutto il villaggio. Impiegheresti meglio il tuo tempo andando a caccia, invece che giocando a dadi o imparando a tirare coltelli. Morto tuo padre, la responsabilità di tua madre e dei tuoi fratelli ricade su di te. Dipendono da te. Sono stato chiaro?» «Chiarissimo» rispose Mandel con voce strozzata.

«Mi prometti che questo non accadrà più?»

«Mai più!»

«Bene. Sappi che non ti ho portato qui soltanto per rimproverarti. In te vedo una promessa, ed è per questo che ti assegnerò un compito che non affiderei a nessun altro, se non a me stesso.»

«Sissignore!»

«Domattina devi tornare all'accampamento e consegnare un messaggio a Horst. Jeod è convinto che l'Impero abbia messo delle spie a sorvegliare questa casa, perciò è di vitale importanza che ti assicuri di non essere seguito. Aspetta di essere lontano dalla città, poi semina chiunque ti segua nella campagna. Uccidilo, se necessario. Quando troverai Horst, digli...» Mentre Roran gli spiegava le sue istruzioni, osservò l'espressione di Mandel mutare dalla sorpresa al terrore, e infine tingersi di timore reverenziale.

«E se Clovis si oppone?» chiese Mandel.

«In quel caso, durante la notte spezza i timoni delle chiatte perché non possano più governarle. È un vile espediente, ma sarebbe un disastro se Clovis o qualcuno dei suoi uomini arrivasse a Teirm prima di te.»

«Non permetterò che accada» giurò Mandel.

Roran sorrise. «Bene.» Soddisfatto di aver risolto la questione del comportamento di Mandel e sicuro che il giovanotto avrebbe fatto di tutto per consegnare il messaggio a Horst, Roran rientrò e augurò la buonanotte al padrone di casa, prima di andare a dormire.

Con l'eccezione di Mandel, Roran e i suoi compagni rimasero confinati nella residenza di Jeod per tutto il giorno seguente, approfittandone per riposare, affilare le armi e ripassare la strategia.

Dall'alba al tramonto, qualche volta scorsero Helen che si affaccendava da una stanza all'altra, molto più spesso il maggiordomo Rolf con i suoi denti scintillanti simili a perle lustrate, ma nemmeno una volta Jeod, perché il mercante si era recato in città per incontrare, fingendo che fosse per caso, i pochi uomini di mare di cui si fidava per la spedizione. Al suo ritorno, disse a Roran: «Possiamo contare su altri

cinque marinai. Spero solo che bastino.» Jeod rimase nel suo studio per il resto della serata, a redigere vari documenti legali e a occuparsi dei suoi affari.

Tre ore prima dell'alba, Roran, Loring, Brigit, Gertrude e Nolfavrell si alzarono e ricacciando indietro prodigiosi sbadigli si riunirono nell'ingresso, dove indossarono lunghi mantelli col cappuccio per nascondere il viso. Uno stocco pendeva al fianco di Jeod quando si unì a loro, e Roran pensò che la spada sottile in qualche modo completava l'uomo snello dalle gambe lunghe, come per ricordare a Jeod chi era in realtà.

Jeod accese una lanterna a olio e la levò davanti a sé. «Siamo pronti?» disse. I cinque annuirono. Jeod aprì la porta e gli altri uscirono in fila sulla strada deserta. Dietro di loro, Jeod indugiò nell'ingresso, scoccando un'occhiata struggente alle scale, ma Helen non comparve. Con un brivido, Jeod lasciò la sua casa e chiuse la porta. Roran gli mise una mano sul braccio. «Quel che è fatto è fatto.»

«Lo so.»

Corsero fra le vie ancora buie della città, fermandosi come un muro compatto ogniqualvolta incontravano una pattuglia di ronda o altre creature della notte, che si dileguavano non appena li vedevano. A un tratto sentirono dei passi sul tetto di un edificio vicino. «La conformazione di Teirm» spiegò Jeod «rende più facile ai ladri arrampicarsi da un tetto all'altro.»

Rallentarono solo quando giunsero in vista del cancello est della città. Poiché il cancello affacciava sul porto, veniva chiuso soltanto quattro ore per notte, per non intralciare troppo i traffici commerciali. In effetti, malgrado l'ora, già parecchia gente affollava il varco.

Anche se Jeod li aveva avvertiti che sarebbe potuto accadere, Roran fu colto dal panico quando le guardie incrociarono le picche e vollero sapere chi fossero. Roran si umettò le labbra e cercò di non mostrarsi allarmato, mentre la sentinella più anziana esaminava una pergamena che Jeod gli aveva porto. Dopo un interminabile minuto, la guardia annuì e restituì il rotolo. «Potete passare.»

Una volta giunti al porto, lontani da orecchie indiscrete, Jeod disse: «Una vera fortuna che quello non sapesse leggere.»

I sei aspettarono sul pontile umido finché, uno dopo l'altro, gli uomini di Jeod non emersero dalla grigia nebbia che aleggiava sulla costa. Erano individui torvi e taciturni, con lunghe trecce che pendevano loro sulla schiena, mani annerite dal catrame e un assortimento di cicatrici che incutevano rispetto persino a Roran. Gli piacque ciò che vide, e capì che anche loro lo approvavano. Ma non fu lo stesso per Brigit.

Uno dei marinai, un omaccione grande e grosso, la indicò col pollice e accusò Jeod: «Non ci avevi detto che ci sarebbe stata anche una femmina. Come faccio a concentrarmi per combattere se mi ritrovo quella montanara stracciona fra i piedi?»


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